29 aprile 2014

Liguria freeride - Secondo tempo: Finale Ligure - Base Nato - Sentiero H.

Finale Ligure è un luogo ormai indissolubilmente associato alla mountain bike. I lunghi sentieri che si arrampicano sui colli del finalese attraggono biker da mezza Europa. Hanno ragione.
La meta di questo giro, anzi di questo tempo, è la notissima ex base "Scatter" Nato abbandonata negli anni 90 che si trova in località Calice Ligure, sulle pendici del Colle Melogno. Questo documento dell'Agenzia del Demanio la descrive dettagliatamente.

La base si raggiunge superando la cappella della Madonna della Neve e percorrendo la strada di accesso, lungo la quale sorge un impianto a pale eoliche, in attività. La salita è stata abbastanza faticosa più che altro per il fondo reso scavato e irregolare dalle piogge dei giorni prima ma anche per l'orgoglio di tenere testa ad un gruppo di biker tedeschi che salivano come forsennati. Lo ammetto: non abbiamo bissato Italia-Germania 4-3; è stato un onesto pareggio.



Non mi dilungherò sulla struttura della base Nato: in rete si trova ampia documentazione fotografica. Qui trovate alcuni miei scatti effettuati durante il giro.
E di certo non mi sono arrampicato fin qui -- la lunga salita su asfalto e fondo sterrato non sempre in buone condizioni si articola su un dislivello complessivo di circa 1200 m -- per visitare una base dismessa (i giovanissimi rider che ne affollano le rovine ignorano l'esistenza di un Patto Atlantico, ne sono certo), ma per scendere lungo il Sentiero H.



Qui devo fare un breve flashback, e tornare all'estate del 2010. La mia passione per la bici stava nascendo ma non avevo alcuna preparazione né esperienza in escursioni pedalate lunghe. Per questo accettai, senza farmi domande e sottovalutandone l'impegno necessario, l'invito al Sentiero H. Con il senno di poi, devo dire che, privo di fiato, gambe e testa, non me la cavai così male. A ritmi molto lenti, arrivai a un passo dalla fine della salita per godermi questa famosa discesa.
Superai di pochi metri la Madonna della Neve e lì, assolutamente all'improvviso, collassai. Come morto. Stremato. Sdraiato sull'asfalto. Incapace di muovere un altro muscolo. Lo stomaco in bocca.
Rimasi in posizione fetale per due ore e, alla fine, al colmo della vergogna e dello scorno, accettai un passaggio da uno dei furgoni freeride, stabilendo un primato ancora imbattuto: salita pedalata da 1200 metri di dislivello e discesa furgonata su asfalto. Inutile dire che il Sentiero H mi era rimasto un po' nel cuore e un po' di traverso. Era necessario farlo, finalmente.
Torniamo ad aprile 2014. 
Il Sentiero H, come sanno anche i sassi, si chiama così perché parte da una pista di atterraggio per elicotteri; in realtà parte qualche metro più in alto, proprio dietro la recinzione divelta della base.
Per me abituato al fondo duro, scabroso e aspro delle mulattiere in Val di Susa e Val di Lanzo, ai sentieri militari cosparsi di pietre aguzzi e sassi levigati e lisci, il Sentiero H è un diversivo godibilissimo: una lunga pista in terra battuta liscia come un biliardo; un sinuoso e sensuale susseguirsi di curve, sponde in terra, compressioni, rilanci, ripidoni brevi e divertenti.



Ad essere bravi, si può scendere molto veloci. Disegnare traiettorie immaginarie e proiettarle con lo sguardo su questa striscia di terra bruna e odorosa di bosco e di mare.
Ma è questo che voglio? Incrementare la velocità, lasciare i freni, caricare l'avantreno,  correggere appena la traiettoria, gli indici lontani dalle leve dei Formula?
No. Non sono qui per questo. Sono qui per ritrovare il mio io smarrito 4 anni fa, per fare scorrere nella mia mente tutto quello che è cambiato in questo tempo: non devo dimostrare niente a nessuno. Ora posso permettermi il lusso di premere con dolcezza i freni, rallentare la corsa, concentrarmi sul mio respiro. Annusare l'aria, distinguere i profumi della macchia, il rumore di una lucertola che scappa tra le foglie secche, il suono netto e distinto del mozzo Mavic.
Di tanto in quanto, la superficie liscia concede qualche metro all'esuberanza delle radici che emergono, ricamando motivi, facendo tintinnare le maglie della catena contro il fodero del carro.


Verso sud. Scendo verso sud. Guidato dall'istinto, dalla forza di gravità, da una fame di emozioni che ancora non sono riuscito a placare.
E' finito.
Il Sentiero H è finito. Lo capisco dalla quantità di furgoni freeride che fanno pigramente manovra in un tornante per riportare i biker in cima. Un'altra corsa.
Ma il mare è ancora lontano perché il Sentiero H non ti porta fino in fondo: ti accompagna per metà, come a dirti: "Adesso conosci la strada. Vai."


Qui sotto mappa interattiva e traccia gps (approssimativa).

Finale ligure, Base Nato, sentiero H



Liguria freeride. Scivolare liberi verso il mare, in quattro tempi.

28 aprile 2014

Liguria freeride - Primo tempo: Monte Moro, sentiero T rovesciata.

La cima del Monte Moro, un colle di 400 mslm sul levante genovese, si guadagna in due modi: o da una lunga scalinata che, da Quarto Castagna, porta al cimitero di Apparizione, oppure attraversando la citta'.
In una mattina di festa, con il traffico ridotto, si puo' scegliere la seconda opzione e pedalare per le strade di Sturla e Borgoratti, arrampicarsi su per via Tanini, arrivare a Apparizione, puntare a destra verso il Monte Moro e proseguire, lungo la strada asfaltata tra fasce, vecchie case di campagna appoggiate sulla roccia e il blu del Golfo di Genova.
Piu' si sale, piu' i quartieri del levante sono lontani, minimi. Sulla bretella autostradale scorrono modellini di automobile. Il vento si impregna dell'odore della macchia mediterranea.
La strada finisce asfaltata su una sorta di terrazza artificiale. Si e' disorientati. Il mare e' a sinistra, di fronte e a destra. Ovunque. L'odore forte dei biancospini, della resina dei pini marittimi si mischia all'odore appena percepibile del mare.
La discesa che porta al mare si chiama T Rovesciata, e ne ho gia' scritto un paio di anni fa. E' un sentiero militare che si snoda, degradando sul versante sud del colle, tra i resti di bunker e casematte coperti di graffiti e infestati di erba e piante, ma ancora solidi, come se fossero in uno stato di paziente attesa di un nemico che non c'e' piu'.


Il cattivo tempo dei giorni passati ha lasciato segni profondi sul tracciato, gia' non facile: la terra, ancora umida, e' scavata in gole strette e profonde, sul cui fondo si sono depositate pietre dalla forma squadrata che di certo non agevolano la discesa. Per prevalenza, in queste condizioni la T rovesciata e' un S3, ma superata la parte alta, il sentiero si fa piu' flow e semplice. A circa due terzi della discesa, il sentiero si biforca; sulla destra, prosegue su una mulattiera piuttosto malconcia ed esposta in alcuni tratti; il ramo sinistro, invece, è un single track più semplice che conduce all'interno del bosco e riporta sostanzialmente al tratto finale del sentiero, la pietraia che porta al cimitero di Quinto.
E' un giro veloce e gratificante. Lo si chiude in meno di due ore. 470 m di dislivello, 15 km di sviluppo.
Ma il suo punto di forza è l'apertura sulla costa abitata e popolata, il contrasto tra il silenzio della collina e il rumore del traffico nelle strade sottostanti, il vento che soffia dal mare. In settimana non si incontra anima viva, si è soli ad ascoltare il battito del cuore che cresce.

Qui l'animazione e la traccia del giro, che non comprende la variante flow del tratto finale -- comunque ben visibile -- ma il passaggio su mulattiera esposta. Consigliate le protezioni e, per chi non ha i tubeless, una scorta di camere d'aria: il fondo non è esattamente in moquette.

Monte Moro - T rovesciata



Liguria freeride. Scivolare liberi verso il mare, in quattro tempi.

25 aprile 2014

Liguria freeride. Scivolare liberi verso il mare, in quattro tempi.

Sono stato fortunato abbastanza da avere qualche giorno di liberta' e  approfittarne per pedalare su alcuni sentieri della Liguria, terra in cui sono nato ma che ho lasciato prima che la mountain bike diventasse il mio inguaribile OCD.
2500 m di dislivello in 3 giorni e 4 tracce diverse ma tutte percorse di fronte al mare, anzi verso il mare, con un blu negli occhi, un colore tanto intenso da farmi, talvolta, distrarre lo sguardo dalla linea. Ogni traccia ha un suo tempo ed e' un tempo, una parte a se' che, unita alle altre, diventa un percorso piu' complesso, un cammino che porta a sud, verso il mare, per poi puntare nuovamente le ruote in alto, verso l'interno, e salire.


Primo tempo. Genova, Monte Moro, sentiero T rovesciata.

Secondo tempo. Finale Ligure, Colle Melogno, Base Nato, sentiero H.

Terzo tempo. Cervo, antenne, sentiero Salto nel blu.

Quarto tempo. Diano marina, sentiero dei maiali.

07 aprile 2014

Sentiero forestale Fubina RELOADED

Viù - Cialmetta - Polpresa

A distanza di 3 anni siamo tornati, con qualche variazione, su quello che considero uno dei più spettacolari e scenici sentieri da percorrere in mountain bike o, per chi non se la sente, a piedi: il sentiero forestale Fubina.



Una magnifica opera di ingegneria civile tutta costruita in pietra con tecniche costruttive probabilmente ormai perse, una lunga balconata a strapiombo su una valle alpina.
Dal punto di vista della MTB, non è un percorso esattamente lineare in quanto prevede diversi tratti di portage e non ciclabili, resi ancora più impervi dalla neve ancora presente nei boschi; ma è sicuramente molto divertente e appagante per il paesaggio.

Ecco il video registrato nella prima parte della discesa, fino alla variante verso Tornetti.



13 febbraio 2014

Noa, Eye in the sky - Live @ Luca's Pub Torino.

Sempre dal live al Luca's Pub di Torino, la nostra versione acustica di un classicissimo degli Alan Parson Project, già interpretata dalla cantante Noa: Eye in the sky.




11 febbraio 2014

Live @ The Duke of Wellington, nuove foto.

Pubblichiamo qualche nuova foto del concerto dei No Hidden Fees al Duke of Wellington di Torino (9 febbraio scorso).






10 febbraio 2014

Live @ The Duke of Wellington, Torino.

Ieri sera con i No Hidden Fees abbiamo suonato allo storico pub torinese The Duke of Wellington; è stato uno show molto soft, intimo e, lo dico senza inutile e falsa modestia, molto gratificante: il sound era finalmente bilanciato e caldo, eravamo tutti rilassati e questo ci ha permesso di suonare con un buon groove senza scivoloni.
Ecco qualche foto di ieri sera. A breve avremo altre foto e il video. Grazie a tutti per aver partecipato!





05 febbraio 2014

No Hidden Fees - 9 febbraio Live al Duke of Wellington, Torino.

Domenica 9 febbraio con i No Hidden Fees suoneremo al Pub Duke of Wellington di Via Sebastiano Caboto 26 (Torino, zona Crocetta).


Il concerto inizierà verso le 21.00. Vi aspettiamo numerosi a supportarci e a cantare insieme a noi le più belle hit pop degli anni 90 e 2000 fino ai successi più recenti. Il tutto in chiave rigorosamente unplugged. Venite con i vostri amici!

Per informazioni, potete mandarci un'email oppure scriverci sulla nostra pagina Facebook.

Ci vediamo domenica!

Cristina, Giuseppe, Ilario


04 febbraio 2014

Live al Luca's: GRAZIE A TUTTI!

Un grandissimo GRAZIE a tutti gli amici e i fan :-) che domenica scorsa sono venuti al Luca's Pub di Torino per il primo live dei No Hidden Fees. Tanta emozione, un sacco di musica, birra e, soprattutto, tantissimo supporto dal pubblico che ci ha tenuto compagnia e ha cantato con noi tutta la sera!
Grazie anche al fotografo Massimo di cui pubblichiamo alcuni degli scatti della serata. A breve metteremo on line anche i video con le canzoni.
Continuate a seguirci perché domenica prossima suoneremo ancora!






Foto by Massimo Gallo Balma

21 gennaio 2014

[Recensione e Test] Freni a disco Formula C1.

Nel 2013 Formula ha presentato, tra i prodotti della gamma 2014, il nuovo set di freni C1, che sono considerati low end e destinati prevalentemente al mercato OEM, ma comunque disponibili al dettaglio. Il termine low end, o basso di gamma, mi piace poco e ho invece apprezzato la definizione di budget brakeset che ne è stata fatta durante uno dei servizi all’Eurobike: ovvero un prodotto realizzato con l’attenzione ai costi non significa realizzato in economia, ma in efficienza.
C1 è un impianto frenante indicato principalmente per usi cross country, trail, all mountain e può essere adoperato anche in contesti gravity non impegnativi, anche se non sono consigliati per uso in downhill.
Lo scopo di questo test è verificare, tra le altre cose, quali siano le caratteristiche di potenza e resistenza di questi freni, stressandoli con discese molti metri di dislivello e stili di guida diversi.

Analisi statica
La caratteristica distintiva è la loro progettazione e costruzione con il master cylinder a cartuccia sigillata: il pompante è sostanzialmente un monoblocco integrato sulla cui idraulica non è possibile intervenire con revisioni e rebuild. Questo schema progettuale ha tre risvolti interessanti:
1. consente di produrre un corpo pompante dalle dimensioni particolarmente compatte;
2. in fase di assemblaggio consente di contenere i costi produttivi e, quindi, il prezzo finale;
3. infine fa sì che le parti in movimento siano realizzate con tolleranze migliori che aumentano l’affidabilità del componente.



Circa il punto 1, la compattezza del pompante assiale ha anche il vantaggio di avvicinare la leva al manubrio, a beneficio di chi ha mani più piccole e, in generale, dell'ergonomia del freno. La forma ricorda la serie Oro K18, un impianto frenante potente e affidabile che ho avuto su una trailbike da cui mi sono separato recentemente.

Alcuni, leggendo che il master cylinder non è ricostruibile, potrebbero storcere il naso: ma obiettivamente, negli ultimi anni, quante volte vi è capitato di effettuare una revisione completa del pompante? A me, mai. In primo luogo perché le generazioni più recenti di pompanti sono molto robusti e resistenti; inoltre la ricostruzione del pompante è raramente un'operazione economicamente conveniente per cui accade più spesso che set di freni un po’ provati da uso e cadute passino di mano come ricambi o allestiscano un muletto.



Iniziamo, come di consueto, con il rito dell’unboxing. I freni sono venduti e confezionati separatamente, anteriore e posteriore, in scatole di cartone e protetti da una busta di plastica, in cui troviamo anche due viti M5 già predisposte con il frenafiletti medio, connettori per accorciare le tubazioni, libretto di istruzioni e un po' di adesivi Formula, gadget sempre molto gradito.



Ovviamente i freni sono già pronti all’uso, dotati di pastiglie e muniti dei distanziali in plastica. Le pastiglie sono semimetalliche e, come sostenuto dal rappresentante Formula Jeff Stoudt intervistato durante Interbike, è la mescola metallica più silenziosa che Formula abbia mai prodotto. Ecco l'intervista durante la fiera:


I rotori sono opzionali e acquistabili a parte. Per il test utilizzerò i rotori Formula da 203 mm già montati sulla mia bici.




Ad ogni tubo è attaccato il cartellino con le precauzioni di uso e montaggio.
Il corpo dei freni è in metallo verniciato. Esistono in versione total black, verniciati in nero lucido, oppure quelli che ho scelto, bianchi con collarini e leve neri, un po’ diversi dal solito.
Formula C1 è un impianto frenante abbastanza leggero, come vediamo negli immancabili scatti sulla bilancia.
 



241 grammi per l’anteriore
258 grammi per il posteriore

Le pesate si riferiscono al set di freni ancora equipaggiati dei due distanziali di plastica (circa 10 grammi l'uno); il peso complessivo si aggira sui 480 grammi per il set completo. Un parametro da tenere in considerazione se stiamo allestendo una nuova bici o progettando un upgrade.

Pompanti
La caratteristica dei C1 è il pompante con master cylinder a cartuccia sigillata; si tratta di una pompa assiale con l’idraulica, composta da cartuccia e serbatoio, e disposta in posizione parallela rispetto al manubrio. Come scritto, questo schema contribuisce a ridurre gli ingombri ed agevola la presa sulla leva. Il corpo è verniciato in bianco lucido e con alcune serigrafie (marca e modello, Made in Italy, indicazioni sul fluido DOT da usare e un barcode). La verniciatura dei miei esemplari non è impeccabile e presenta qualche imperfezione di cui peraltro non mi curo assolutamente perché, è noto, i freni sono componenti esposti a graffi ed usura anche nelle semplici operazioni di carico e scarico dall'automobile, per cui non sarebbero rimasti immacolati.


I collarini sono in metallo accuratamente anodizzato nero lucido. Noto con piacere che anche per questo modello, come per i T1, Formula ha adottato le viti a testa cava esagonale, molto più pratiche da stringere e allentare anche con il classico multitool che teniamo nello zaino, rispetto alle viti Torx che ho avuto (e subito sostituito) sui Formula RX1.

Le leve hanno un aspetto robusto e sono realizzate in alluminio anodizzato nero con una superficie ruvida che sembra assicurare un ottimo grip anche a mani nude. La distanza della leva, e quindi la corsa totale, è regolabile mediante una vite a testa cava esagonale. Le leve sembrano essere parte integrante del pompante e non sostituibili (infatti non si trovano nel documento delle parti di ricambio) in caso di rottura. Questo aspetto può rappresentare un limite perché potrebbero effettivamente piegarsi o rompersi per una caduta o un urto contro una roccia.


Sono freni reversibili (cioè un pompante può essere montato indifferentemente a destra o a sinistra); la vite di spurgo (con testa Torx come di consueto) è posizionata esattamente al centro del corpo per non modificarne l'accesso a seconda del montaggio. E' da verificare se lo spazio tra il pompante e il manubrio, rende agevole l'operazione di spurgo.







Pinze.
Anche le pinze, come i pompanti, sono stati progettati da zero. Dal punto di vista estetico, la forma è simile ad altri modelli Formula. Si tratta di una pinza monoblocco, scelta progettuale già adottata da Formula per altri modelli, realizzata in metallo verniciato ed equipaggiata con due pistoncini da 22 mm di diametro: una dimensione generosa, quasi sovradimensionata per utilizzi prettamente cross country, e che fa presagire una buona potenza di frenata.



La vernice non è perfettamente applicata su tutta la superficie: alcuni punti critici, dove le pinze sono state probabilmente a contatto con sostegni durante la verniciatura, non sono rifiniti.
Anche sulle pinze sono presenti le serigrafie Formula con modello, codici a barre e la scritta Made in Italy.



Sul lato esterno è posizionata la vite Torx per effettuare lo spurgo.
Le tubazioni sono molto lunghe, soprattutto quella del freno posteriore, caratteristica che ne agevola il montaggio anche su telai full suspended da 29" in taglie extra large. Come scritto nella confezione sono inclusi i raccordi da utilizzare se si volesse accorciare i tubi; personalmente sono dell'idea di lasciarli lunghi: la qualità dei materiali e dei fluidi usati dovrebbe prevenire il cosiddetto "effetto polmone" che anni fa si aveva sulle tubazioni lunghe dei freni idraulici.





Montaggio
Il montaggio dei freni Formula non è dissimile da quello di altri modelli ed è facilitato dai collarini smontabili dei pompanti, dai bulloni in dotazione già dotati di frenafiletti medio.


Dopo aver rimosso i freni già montati (i Formula T1S forniti di serie sulla mia bici), si procede montando il freno anteriore, iniziando dal pompante.



Operazione naturalmente semplice. I collarini si lasciano allentati per stringerli dopo averli posizionati con l'inclinazione giusta.


Quindi si prosegue montando la pinza alla forcella. Nella confezione standard, non sono inclusi gli adattatori per cui uso quelli da 203 mm già presenti, e i bulloni forniti. Il frenafiletti è applicato con generosità ed offre resistenza al serraggio.
La centratura va liscia come l'olio al primo tentativo: è sufficiente lasciare i due bulloni leggermente allentati, far girare la ruota, dare una frenata decisa e, tenendo la leva tirata, stringere i due bulloni con la chiave esagonale; per verificare che la pinza sia centrata, basta girare lentamente la ruota ed osservare il rotore muoversi tra le pastiglie, meglio se in controluce.


I freni C1 hanno come accessori rotori dedicati, leggermente più spessi di quelli forniti in genere con i T1; per compensare questa differenza di spessore può essere necessaria una regolazione della distanza della leva.
Le operazioni si ripetono per il freno posteriore, con in più il fissaggio al carro del tubo idraulico mediante fascette elastiche.


Il tubo è super lungo, per cui si opta per un passaggio "comodo" e disteso.





Anche la centratura del freno posteriore è un'operazione immediata: stessa tecnica, una veloce verifica del corretto posizionamento e quindi si stringono i bulloni.

Bianco su bianco è un accostamento stupendo!
Per completare il montaggio, occorrono ancora due regolazioni molto personali; la prima è l'inclinazione dei pompanti; qui ognuno segue le proprie abitudini: io preferisco mettermi in assetto da discesa e regolare l'angolo dei pompanti in modo che siano virtualmente allineati all'avambraccio disteso. A questo punto si possono stringere i bulloni sui collarini.



La seconda regolazione è la corsa delle leve; si agisce con una chiave esagonale ruotando un piccolo registro in senso orario o antiorario, come di consueto.
Anche l'assenza di una regolazione di tipo tool less rientra nel contenimento dei costi. Per me non è un problema in quanto una volta che ho regolato la corsa, a meno di anomalie (aria nell'impianto, pastiglie a zero), intervengo molto di rado per modificarla. Comunque questa regolazione mi dà anche l'occasione per fare le primissime frenate nello spazio antistante il garage. Ovviamente le pastiglie devono "rodarsi", ma il feeling sulle leve è buono, solido.
Conclusa anche questa regolazione, ora si devono mettere le ruote su strada (anzi, fuori strada) , imboccare un bel po' di discese e frenare. Servono a questo, no?



Prova pratica
Prima ancora di frenare, l'aspetto che mi colpisce positivamente dei C1 è l'ergonomia, un aspetto che in Formula conoscono bene e che qui hanno applicato al meglio. Le leve sono posizionate abbastanza vicine alle manopole da consentire una presa immediata anche se si hanno dita di media lunghezza; al contempo, la corsa utile è ampiamente dimensionata per regolarla a seconda delle preferenze e avere sempre la frenata sotto controllo. Le leve sono in alluminio anodizzato trattato con una finitura ruvida che dà un ottimo grip in tutte le situazioni, come ho potuto verificare: guanti sottili, guanti invernali, mani nude, bagnato.



Il rodaggio delle pastiglie è stato veloce: sono state sufficienti quattro o cinque frenate decise e la sensazione è cambiata radicalmente, con una risposta alla frenata immediata. Concluso il rodaggio, si può procedere con le prove pratiche che sono state condotte in condizioni abbastanza eterogenee, nonostante la stagione invernale: sentieri, mulattiere, fondi asciutti, innevati, bagnati, roccia, terra compatta, pietre smosse, erba. Per semplicità, riporto qui le mie osservazioni suddivise per condizioni di frenata.

Nota preliminare. I freni sono arrivati in condizioni eccellenti, perfettamente spurgati e con un buon movimento dei pistoncini nelle pinze. Magari a qualcuno potrebbe sembrare ovvio, invece è la testimonianza di un controllo di qualità efficace.

Mulattiera o single track asciutti e ripidi. Una delle condizioni più desiderabili a livello di tenuta e quindi di velocità, non inusuale anche nella stagione invernale. Si procede a velocità sostenuta, controllando velocità e traiettoria con una frenata leggera e ripartita uniformemente su anteriore e posteriore, senza sforzi né staccate. La potenza è sempre più che adeguata ma quello che convince è la progressione e la sensibilità della frenata, che non ha mai fatto percepire alcun segno di affaticamento (e conseguente fading) anche con dislivelli importanti. Rotori di grosse dimensioni aiutano, ma la resistenza è ottima. Confermata la promessa del portavoce ad Interbike: le nuove pastiglie sono straordinariamente silenziose.


Fondo viscido, smosso, con presenza di fango e neve. Al contrario della precedente, questa è la situazione più consueta dei mesi invernali, qualcosa con cui si deve sempre fare i conti durante un'uscita che preveda passaggi boschivi e silvestri, quindi i classici giri cross country. Notoriamente, è la condizione dove una frenata controllabile e progressiva fa la differenza, ed è più importante di una grande potenza. Io credo che sia l'ambito dove i Formula C1 hanno dato il meglio di sé; capiamoci, sono freni molto potenti, ma le loro qualità migliori -- una frenata estremamente modulabile e progressiva, una mescola che funziona bene a tutte le temperature, sia a freddo che alla fine di una lunga discesa -- sono emerse soprattutto sui fondi insidiosi, come la neve ghiacciata per l'appunto, con il carico maggiormente ripartito al posteriore. E' possibile controllare il rallentamento senza mai bloccare la ruota, e quindi controllare la traiettoria con precisione. Anche dopo passaggi nella neve, nel fango e non pochi guadi, le pastiglie sono silenziose e la frenata è costante, pronta.


Tratti tecnici lenti, fondo asciutto. Benissimo anche in questa situazione dove non ho mai sentito l'esigenza di una potenza maggiore; la sensazione sulle leve è sempre stata rassicurante, un insieme di rock solid e controllo molto preciso della potenza esercitata. Sono molto contento anche delle pastiglie: anche se la mescola è prevalentemente metallica, non richiedono di raggiungere particolari temperature di esercizio, e la frenata è ottima anche a freddo. Notevole l'ergonomia e il grip sule leve, sia con i guanti invernali, che in genere fanno perdere un po' di sensibilità, sia con guanti molto sottili e anche -- quando la temperatura lo permetteva -- a mani nude.

Staccate. Personalmente con il mio stile di guida in montagna, le frenate brusche, le "inchiodate" e le staccate non sono frequenti, anche se occorre saperle gestire; qualche volta accade di arrivare ad un tornantino semi nascosto alla fine di un tratto veloce, oppure di dover fare una frenata di emergenza durante un trasferimento su asfalto. Ho provato più volte a sollecitare i C1 in queste situazioni: la potenza è sempre stata adeguata e sufficiente ma, soprattutto, sempre controllabile. A livello di potenza espressa sono inferiori ai T1 e ad altri freni specificamente progettati per gravity, ma mi hanno finora permesso qualunque tipo di frenata in tutta sicurezza.

Analisi post test.

Usura delle pastiglie. Grazie alla centratura perfetta, l'usura è moderata e uniforme. E' sempre difficile raffrontare empiricamente l'usura di pastiglie diverse (occorrerebbe effettuare il test in laboratorio, con apparecchi che consentano di riprodurre sempre i medesimi parametri: forza esercitata sulle leve, resistenza, velocità e durata), ma l'occhio esperto dice che è simile o di poco superiore a quella verificata su altre pastiglie Formula (montate sui T1). Ho riscontrato la formazione di un leggero strato di ossido sulle placchette metalliche.

Resistenza dei materiali. La verniciatura di pinze e pompanti, non ai massimi livelli come precisione, si è però dimostrata molto resistente ai maltrattamenti tipi della mountain bike: finora non ho riscontrato graffi o segni dovuti a pietre, rami ecc.

Tenuta del circuito. Ancora presto per il verdetto definitivo, ma in queste settimane di uso (e trasporti, capovolgimenti...) posso escludere qualsiasi formazione di aria nel circuito. Il feeling delle leve e la potenza sono sempre uguali.

Se pensate che parole e foto ancora non rendano l'idea, di seguito trovate un video che ho realizzato unendo clip registrati negli scorsi mesi utilizzando sempre i Formula C1. Per comodità ho diviso il video in tre sezioni, una per tipo di terreno e fondo.



Due parole a conclusione del test.

Mi sto trovando benissimo con i C1, che stanno prendendo, almeno in questi mesi, il posto dei T1, quindi li confronto con un impianto quasi al top. Formula consiglia i C1 per cross country, trail e light gravity. E' una classificazione condivisibile: sto usando questi freni dalla fine dell'autunno, una stagione in cui i percorsi devono necessariamente scendere di quota e quindi diminuire di dislivello ma sono comunque impegnativi per lo stato del fondo, raramente asciutto e compatto, che richiede cautela e sensibilità. Credo che siano i freni ideali per chi pratica il cross country e l'all mountain, magari su mezzi nei formati 29" e 650B, e vuole freni affidabili, super modulabili, adeguatamente potenti e facili da mantenere senza spendere un capitale; sono perfetti per i giri invernali quando le lunghe discese polverose lasciano il posto a sentieri coperti dal fogliame e fondi scivolosi. Ma sono la scelta giusta, e ne sono convinto, anche per chi si spinge un po' oltre e affronta le discese con decisione: potenza e controllo sui C1 vanno d'accordo.

Pregi
Frenata pronta ed estremamente progressiva
Facili da montare, centrare e mantenere
Super silenziosi
Prezzo contenuto per un prodotto progettato e costruito in Italia

Difetti
La leva non è sostituibile
Verniciatura con qualche imprecisione