Ogni anno, il 24 dicembre, il caporale di fanteria Stefano Arrighi mi mandava un SMS di auguri, col suo tono scherzoso, ironico. Mi sembra di averlo davanti, quel ragazzone alto due metri, paziente, saggio. Quegli otto mesi trascorsi gomito a gomito, sopportando i nonni e i marescialli, le zanzare e il freddo, e senza mai dormire una notte tutta intera, mattinate a imbrattare scartoffie inutili e pomeriggi a spazzare foglie, quegli otto mesi in mimetica e in drop mi sono parsi una vacanza.
Ricordo che una notte i nonni erano particolarmente maneschi, e ci fecero sdraiare a terra e ci bagnarono con secchi pieni d'acqua. Volavano pugni e calci con gli anfibi. Non ero proprio tranquillo. Stefano, sdraiato accanto a me, si voltò e semplicmente mi disse: "Dai, Pier, che tra poco è tutto finito."
Le guardie fatte insieme al caporale Arrighi, notti passate nella tranquillità del cortile della caserma, passavano in un lampo, tra mille discorsi, battute sui commilitoni ruspanti, sogni per il futuro.
Già, il futuro. Quello che ci attendeva la mattina congedo, ritti e con la divisa in ordine, dopo l'ultimo silenzio fuori ordinanza, gli ultimi passi di marcia, per gridare "FINITA!"
Come spesso succede, succede che ci perdiamo un po' di vista. Io cambio città, Stefano si laurea. Sì, gli SMS scherzosi: quelli non sono mancati. Per dirsi buon Natale, per ricordare qualche testa calda o il nostro gergo. Solo un anno non mi ha scritto. E io -- se solo potessi tornare indietro -- lascio passare i mesi.
Ma non sono mesi buoni. Quel ragazzone alto e pieno di salute ha un male che pian piano gli toglie le gambe, il sorriso, quella luce negli occhi, e poi la vita.
Succede in un
giorno d'estate, afoso, con le strade vuote.
E non è più trascorso giorno senza pensare a lui, dapprima incredulo per tanta ingiustizia, poi rassegnato, e più solo. Queste mattine di Natale a fermarmi sul suo numero memorizzato in rubrica, e non potendo scrivere una frase di conforto, perché nessuno può più leggerla. Gli anni non servono. Ho dentro questo rimorso, di non averlo salutato un'ultima volta.
Un anno fa ho ascoltato
In This River, il pezzo che
Zakk Wylde ha scritto per la morte di
Dimebag. Era l'immagine che cercavo: un fiume, io su una sponda, e Stefano su quella opposta.
Ho provato a ricordare Stefano come potevo, registrando questo brano, che usa gli accordi e qualche riff di
River. Sono in debito con questa canzone.
Sì, dentro ci sono errori, timing pellegrino, bending calanti. Ma c'è anche altro, dentro, in mezzo alle note.
Stefano, ti dedico questa canzone, la dedico al tuo sorriso, alla tua vita troppo breve. Perdonami se non è molto. Perdonami.
clicca per scaricare il file