19 settembre 2011

Test e recensione: Vesrah, pastiglie per freni a disco.

Anche se si cerca di pedalare tutto l'anno, la stagione estiva – per il maggior tempo libero e per il meteo favorevole – è quella in cui la bici si utilizza maggiormente, non solo per le lunghe escursioni ma anche per divertirsi nei bike park. Ed è anche la stagione in cui si consuma più materiale, soprattutto per quel che riguarda i freni. Dovendo fare provviste di pastiglie per i miei Elixir (in sostituzione delle pastiglie sinterizzate di prima fornitura), ho dato uno sguardo al mercato, cercando anche al di fuori dei prodotti Avid, con l’intento di comprare pastiglie affidabili risparmiando qualche euro.

Cercando in rete, alla fine mi sono orientato sulle pastiglie Vesrah, un marchio giapponese che conoscevo in ambito motociclistico (in particolare con Suzuki), che produce pastiglie per mountain bike in quattro mescole, stranamente tutte organiche, indicate rispettivamente Cross Country, Cross Country SL, Long Life e Downhill.

Ammetto che la mancanza di mescole metalliche o semimetalliche e la lacunosità delle informazioni disponibili in rete (non ho trovato opinioni o prove in italiano), inizialmente, mi convincevano poco.

Ho però valutato anche il fattore prezzo: rispetto al prodotto originale (Avid nel mio caso), le pastiglie Vesrah permettono un risparmio nell’ordine del 40%, un aspetto rilevante date le spese continue per la manutenzione (e i capricci) della bici: per capirci, due coppie di pastiglie Avid (anteriore più posteriore) mi costano circa 40 euro mentre per le Vesrah ne spendo circa 25. La curiosità di provarle ha avuto la meglio e sono passato all'acquisto di una fornitura (due coppie) per ciascuna mescola. Vediamo come sono andate le cose.

Montaggio


Quando sono arrivate a casa, non ho potuto fare a meno di notare l'aria un po' cheap della confezione in blister cartonato: niente indicazioni in dettaglio, niente foglietto di istruzioni, ma almeno sono fornite di una molla robusta. Le placche di sostegno dei ferodi sono in acciaio (ad esclusione del modello Cross Country SL che ha i supporti in alluminio con un risparmio di peso dichiarato del 50%) verniciato di nero. Sono rifinite molto bene e non presentano imprecisioni nell'incollaggio delle parti. Il montaggio non comporta alcun problema difficoltà, ma questo dipende molto da come sono progettate le pinze dei freni: gli Elixir hanno un cambio pastiglie piuttosto facile, tanto che le ho sempre sostituite durante i trasferimenti in cabinovia. Purtroppo il modello o il codice non sono serigrafati sul retro dei supporti, accorgimento che faciliterebbe il riconoscimento tra una mescola e l'altra.

Impressioni d'uso

Qui di seguito vi condivido gli appunti presi durante le prove delle diverse pastiglie; il test è stato effettuato in contesti alpini e nello specifico nei bike park Kona di Crans-Montana (Svizzera) e Alpi Bike Resort di Sauze (Torino), nonché su sentieri della Alta Val di Susa. I percorsi affrontati sono stati molto vari: si va dal tracciato nero Chetseron, con fondo molto irregolare, ripido e ricco di ostacoli, al Mont Lachaux e alla Sportinia Express, tracce downhill molto guidate e veloci, prive di passaggi tecnici particolarmente ripidi ma che per le caratteristiche richiedono un'azione quasi costante sui freni: un ottimo benchmark per valutare diversi set di pastiglie. Ho cercato di mantenere un metodo di prova il più possibile oggettivo e confrontabile, cercando di percorrere con un set di pastiglie un mix uniforme di percorsi con un dislivello negativo totale il più costante possibile (compreso tra 2200 e 3000 metri). Alla fine dell’ultima discesa, le pastiglie sono state smontate, analizzate e sostituite con un altro set.
Per semplicità, riassumo le impressioni d'uso di ciascuna delle quattro mescole Vesrah.

Mescola Cross Country


Fin dalla primissima frenata lunga sulla carrareccia di collegamento, quella in cui, generalmente, si effettua un rodaggio della superficie frenante delle pastiglie, la risposta è stata pronta, molto efficace, decisamente modulabile ma comunque potente. Le caratteristiche si sono mantenute costanti per tutta la durata del test senza alcun segno di affaticamento o fading così come non ho riscontrato problemi di surriscaldamento nonostante il supporto in metallo sia in alluminio leggero. La frenata molto ben modulabile è di aiuto nelle sezioni tecniche e ripide, affrontate a velocità ridotte, per avere controllo sul bloccaggio delle ruote e sul superamento di ostacoli diversi (roccia, radici). Inoltre, si apprezza la particolare silenziosità di questo prodotto in tutte le situazioni e temperature. Al controllo effettuato dopo lo smontaggio, le pastiglie hanno mostrato un'usura della superficie frenante molto regolare e inferiore a quanto atteso da una mescola organica.
Sintesi: un prodotto molto valido e soprattutto affidabile, consigliato senz'altro per cross country, marathon, trail ride e all mountain.


Mescola Cross Country SL


Prodotto sostanzialmente simile al precedente: stessa mescola ma supporto in alluminio anziché in acciaio; sul sito Vesrah si parla una riduzione di peso del 50%. Difficile valutare i reali vantaggi in termini di peso mentre mi sentirei di dire che i supporti di alluminio leggero hanno contribuito a dissipare più velocemente il calore, a beneficio dell’impianto e della qualità della frenata. Delicata, invece, la verniciatura dei supporti di alluminio, che ha riportato diverse abrasioni provocate dal contatto con la superficie dei pistonicini. Ininfluente dal punto di vista funzionale, ma comunque un aspetto migliorabile.
Sintesi: ottima per cross country e marathon anche agonistico, interessante la scelta dell'alluminio per le sue proprietà termiche.



Mescola Long life


Della gamma Vesrah, forse sono quelle che, nelle discese lunghe e ripide, mi hanno convinto di meno, ma in qualche modo mi aspettavo questo risultato: il nome (che non si trova scritto sulla confezione ma lo si evince dal sito dei rivenditori) suggerisce una mescola meno morbida fatta per durare più a lungo in situazioni usuali. La frenata è risultata meno modulabile rispetto alle altre mescole Vesrah, ma comunque efficiente, sebbene gli spazi di frenata siano un po' più lunghi; in genere ho dovuto esercitare più forza sulle leve. A questo si aggiunge una rumorosità (comunque molto contenuta) sia a basse che ad alte velocità. A fine prova, il consumo dei ferodi può considerarsi molto regolare e contenuto.
Sintesi: una mescola buona per usi non troppo impegnativi, pastiglie buone da scegliere su bici front con un occhio al risparmio.


Mescola Downhill



Offrono subito una frenata aggressiva, davvero efficace, che consentono staccate e uno stile di guida aggressivo; ma non sono on/off: la frenata è sempre modulabile, si riesce a rallentare e mantenere la traiettoria impostata così come accompagnano nei tratti trialistici su radici e gradoni, permettendo di controllare (ed evitare) il bloccaggio delle ruote. Un acquazzone estivo ha permesso di valutare anche la frenata in condizioni di terreno bagnato, fango e roccia resa viscida, sempre con un feeling molto buono. Anche la mescola Downhill, come le Cross Country, si è rivelata sempre silenziosa. Al controllo effettuato dopo lo smontaggio, le pastiglie hanno mostrato un'usura della superficie frenante molto regolare e contenuta.
Sintesi: davvero potenti e affidabili, ideali per freeride e downhill, ma le userei anche su una bici all mountain su sentieri alpini per avere il pieno controllo della frenata.



Due parole conclusive.

Le pastiglie Vesrah mi hanno decisamente soddisfatto e sono state all’altezza delle aspettative nell’uso più gravoso, la discesa con un mezzo da freeride. In particolare la mescola Downhill, con la frenata prontissima ed aggressiva, è un prodotto interessante così come, per un uso trailride, lo sono le mescole Cross Country.

La scelta di adottare mescole organiche, probabilmente di nuova generazione, può dirsi corretta ed azzeccata: non servono tempi tecnici per raggiungere la temperatura di esercizio come avviene nelle mescole metalliche;  al contempo, l’usura del materiale frenante si è rivelato contenuto, anche con un uso molto intenso; la frenata è potente ma sempre molto ben modulabile; non si sono verificati, se non nella mescola più general purpose, rumori e fischi.

Al termine delle prove la superficie frenante delle pastiglie nelle quattro mescole era integra ed uniforme.




Da segnalare solo la già citata delicatezza dei supporti delle Cross Country SL che hanno perso parte della verniciatura superficiale.




Se a queste considerazioni tecniche aggiungiamo un risparmio notevole rispetto al prezzo dei prodotti originali (senza nulla togliere loro), credo che le pastiglie Vesrah siano una scelta molto valida. 

Informazioni aggiuntive: sito web di Vesrah.

05 settembre 2011

Portaborraccia e Sganci rapidi in carbonio CTK Light.

Degli altri componenti in carbonio che ho installato sulle bici (i manubri e il reggisella) vi ho già parlato; ma i miei acquisti in casa CTK Light sono proseguiti, convinto dalla qualità di materiali con altri componenti che si stanno dimostrando molto validi oltre che bellissimi: portaborracce e sganci rapidi. Andiamo con ordine.

Portaborraccia ad estrazione laterale in carbonio CTK Light

Il portaborraccia CTK Light è realizzato in fibra di carbonio, è leggerissimo (ma sul serio: 23 grammi, verificati dal sottoscritto) ed ha una forma che presenta due grandi vantaggi: primo, consente l’estrazione della borraccia sia in senso verticale che laterale; secondo, date le dimensioni ridotte, può essere alloggiato in tutti i telai, anche quelli che per geometria e schemi di sospensione offrono pochissimo spazio nel triangolo e rendono complicato se non impossibile l’estrazione verticale della borraccia.

Per questo motivo, ho installato i portaborraccia CTK Light sia sulla bici da XC chesu quella da freeride, dove le dimensioni dei tubi e l’ingombro dell’ammortizzatore lasciano pochi centimetri liberi.


Bianco e nero, la trama 3K del carbonio è ben visibile

Un elemento in gomma zigrinata permette di trattenere saldamente la borraccia.

L’aspetto estetico è sorprendente, sia nella versione nera che mette maggiormente in risalto la trama 3K del carbonio che in quella bianca, più discreta (ma la trama è visibile). Per capire quanto è leggero, basta tenere in una mano questo CTK Light e nell’altra il portaborraccia appena smontato dalla bici.

Montaggio.

Il montaggio sul tubo obliquo (con due viti a testa cava esagonale) è un'operazione molto semplice: è sufficiente una chiave a brugola lunga; la parte inferiore del portaborraccia presenta un'aletta sporgente e un tacco di gomma zigrinato che assicurano saldamente la borraccia standard da ciclismo.

Impressioni d’uso.

Il materiale e la struttura lo rendono molto flessibile ed elastico e al contempo robusto: si flette e si allarga ma non si deforma né si rompe. Grazie a questa caratteristica, la borraccia può essere estratta sia dal basso verso l’alto ma anche verso l’esterno con un gesto deciso; è un vantaggio non da poco perché consente un’estrazione rapida, senza far perdere concentrazione ed equilibrio in salita o in velocità sui rettilinei.

Inoltre, mantiene sempre la stessa forma quindi la presa sulla borraccia non cambia nel tempo, a differenza di quanto accade con quelle in alluminio che devono essere “strette” di tanto in tanto. La costruzione di questo CTK è robustissima: la struttura è elastica e resistente alle sollecitazioni.

Lo trovo utilissimo sulla bici da cross country perché è vero che nelle escursioni lunghe si usa lo zaino con la sacca idrica ma è altrettanto vero che non rinuncio alla borraccia con i sali minerali tipo Polase (che non metterei nel Camelbak). Ed è altrettanto utile sulla bici da freeride perché un sorso d’acqua, alla fine di una discesa polverosa, fa sempre piacere.




Non interferisce con lo schema della sospensione



Come al solito, mano in tasca: on line costa 23 €, per quanto ne so il prezzo più ragionevole per un portaborraccia in carbonio (ho fatto ricerche sul web e nei negozi, e siamo sempre intorno al doppio per altre marche) e non distante anni luce da un prodotto in alluminio non proprio da supermercato. Se poi avete poco spazio nel triangolo del telaio, con questo siete sulla buona strada.

Sganci rapidi in titanio e carbonio CTK Light

L’upgrade e l’alleggerimento della mia bici si conclude (per ora) con un componente fondamentale dal punto di vista funzionale ma che in genere non è molto considerato: gli sganci rapidi.


Dovendo smontare di frequente le ruote per pulire la bici o caricarla in auto, avevo già sostituito gli sganci di serie con un’altra coppia in acciaio i cui movimenti, tuttavia, hanno perso fluidità in tempi abbastanza brevi.
Un po’ per l’estetica e un po’ per la soddisfazione degli altri prodotti di casa CTK Light, mi sono regalato questa stupenda coppia di sganci rapidi con asse in titanio, leva in carbonio, testa e ghiere in alluminio anodizzato.

Dal vivo sono una meraviglia, le foto non rendono giustizia alla finitura della leva e alla cura dei particolari ma soprattutto non fanno capire quanto siano leggeri in confronto agli altri sganci: con 43 grammi la coppia, una ventina di grammi per sgancio, un terzo del peso di quelli standard, sono semplicemente i più leggeri sul mercato.

Se l’obiettivo è alleggerire una bici (o costruirne una leggera) senza spendere cifre immorali, gli sganci CTK sono LA scelta: costano 30 euro, tre volte quelli da supermercato e meno di un paio di Shimano XTR, ma sono una piuma e l’impatto visivo non manca.

Montaggio.

Dal punto di vista funzionale, sono sganci quick release da 9 mm con ghiera a vite e leva di chiusura, per cui si montano con la consueta facilità. Ma è quando si chiudono che si capisce la differenza. La leva (in carbonio satinato e alluminio verniciato) è imperniata sulla testa in posizione eccentrica per assicurare la chiusura sulla rondella che insiste sui foderi di forcella e carro. Il movimento è fluido, preciso; la ghiera a vite ha la testa zigrinata antiscivolo e una superficie di contatto che aderisce al fodero opposto con fermezza ma senza sverniciarlo. Sono forniti con una coppia di molle coniche di rimando.



L’operazione di apertura è semplice; grazie alla leva vantaggiosa, al meccanismo della testa e alla superficie arrotondata del sottile terminale in carbonio, la forza richiesta è ridotta, ma senza mai compromettere il serraggio. Gli assi in titanio sono super rigidi e scorrono nei mozzi che è un piacere: ci si può scordare assi un po’ storti e coperti da quella triste patina di ruggine.

Una volta montati, la resa estetica è di quelle che non passano inosservate, specie in abbinamento ad altri componenti con particolari anodizzati: io li ho presi rossi per accostarli ai rotori Ashima con spider rosso.


Leva in carbonio e testa in alluminio anodizzato.

Ghiera in alluminio anodizzato.



Oltre alla già descritta facilità e smoothness delle operazioni di apertura e chiusura, gli sganci offrono un’ottima rigidità e, soprattutto, sono del tutto immuni dagli effetti degli agenti atmosferici, quindi niente ruggine né ossidazione. Il terminale della leva in carbonio è resistente a graffi e colpi ai quali è comunque poco esposto per le sue dimensioni ridotte e la forma cilindrica. Anche le parti anodizzate sembrano resistere bene. Durante l’uso non si sono riscontrati né allentamenti nella chiusura né perdita di fluidità del movimento.
Insomma, un prodotto soddisfacente, ben progettato e molto funzionale oltre che esteticamente riuscito e venduto ad un prezzo decisamente conveniente.

02 settembre 2011

Pinkie - Il mio dito mignolo.

Càpita di cadere quando si va in bici. Un po' per la forza di gravità, un po' perché c'è sempre qualcosa da imparare. La stanchezza alla fine di una bellissima gita. Mettici anche una gomma sgonfia, quella davanti.
Cosa è successo non l'ho mica capito. E' successo in fretta e mi sono ritrovato con la testa al posto sbagliato e i piedi molto più in alto del solito. E molto del mio peso appoggiato ad un dito: il mignolino.
Ma c'era la discesa da fare e cosa non si farebbe per una discesa, tutta d'un fiato, senza mai posare un piede a terra? Si sopporta la fatica, il dolore nemmeno si sente.
La mattina dopo faccio meno il galletto. Ho un dito, il mio dito mignolo della mano destra, storto, gonfio come una salsiccia di maiale e di un colore poco rassicurante, tendente al blu notte. Fa un male cane. Non c'è un'invitante discesa da lenire il dolore. No no.
 Il seguito è noto a chi pratica sport: due di picche dalla guardia medica, lunga attesa al pronto soccorso di Chivasso, radiografie, referto un po' affrettato e rassicurante ("Ci metta del ghiaccio").
Le settimane e i mesi passano. Visita dall'ortopedico ("Lo massaggi nell'acqua calda e con la crema"), fisioterapia, ricerche in rete per scovare la patologia. Buchi nell'acqua. Il dito rimane storto. Siamo precisi: rimane in atteggiamento flesso. Significa che è un po' piegato. Esteticamente fa schifo, funzionalmente è quasi a posto, ma duole.
Qualche settimana la decisione: rivoglio il mio mignolo com'era prima della caduta. Più o meno, non sto a spaccare il capello in quattro.
Nuove radiografie, nuove ecografie, finalmente si capisce qualcosa di più. Ma l'ultima parola spetta ad un chirurgo della mano, uno che ci deve capire parecchio perché la diagnosi me la fa guardandomi da mezzo metro (una lesione, si tratta di deformità ad asola o “en boutonniére") e trovando la conferma nelle immagini delle radiografie. Insomma, quei dottori che incontri sempre troppo tardi. Il nome, se serve, ve lo dico in un orecchio.
Non si può operare, il ditino. E' passato troppo tempo dal trauma (inciso: di dottori ne ho visto almeno un paio: non mi sarebbe dispiaciuto se ci avessero azzeccato anche loro al momento giusto). E quindi... che si fa?
Pare che si debba mettere h24 questo trespolo di metallo
che si chiama ferula di Bunnel e non è molto bello a vedersi così come deve essere piuttosto fastidioso da indossare. Forse, con un po' di pazienza, fortuna e costanza, in capo a uno o due mesi qualche risultato lo vedrò (leggi: recupero di qualche grado di estensione della falange). Mettiamola così: c'è chi, per avere un argomento di conversazione, si compra un cucciolo di labrador; io girerò con una gabbietta attaccata ad un mignolo e dovrò ripetere un po' di volte la stessa storia.
Morale della favola. Primo: no, non smetto di andare in bici. Secondo: se ci si fa male, il pronto soccorso va bene per riportare la pelle a casa, ma per il resto meglio chiedere a chi ha più tempo e voglia.Terzo: per un bel po', avrò qualcosa di molto appariscente di cui rendere conto agli sguardi dei curiosi.

29 agosto 2011

Test e recensione: reggisella e manubri in carbonio CTK Light.

Da un po’ di tempo volevo alleggerire un po’ la bici da cross country, partendo dalla componentistica più comune: manubrio e reggisella; al contempo volevo provare un manubrio diverso sulla bici da freeride;  chiaramente, la prima scelta è andata sulla fibra di carbonio anche se nutrivo qualche perplessità sull'effettiva robustezza in off road con sollecitazioni continue e gravose, specialmente per uso su discese tecniche con ostacoli di una certa importanza. In realtà, leggendo qualche articolo che spiega i dettagli delle fasi di produzione, lavorazione e stampo, devo dire che molti dei miei preconcetti erano infondati.

Sul mercato si trova un numero di brand consolidati nel segmento della componentistica in carbonio; per varie ragioni – peso  qualità dei materiali, estetica e prezzo – mi sono orientato su CTK LIGHT, azienda taiwanese che produce quasi esclusivamente prodotti OEM, da poco sul mercato un proprio marchio.

Ho quindi deciso di montare sulle mie bici alcuni componenti in carbonio (manubri e reggisella più altre parti), e di condividere le mie impressioni d'uso.

Reggisella in carbonio CTK Light SP02

CTK LIGHT SP02 è un reggisella in carbonio 3K con un design pulito e lineare. La qualità dei materiali utilizzati è molto alta, le finiture sono realizzate con precisione, senza alcuna imperfezione o sbavatura.

CTK Light SP02, reggisella in full carbon 3K

Il tubo ha una finitura lucida e presenta sulla parte posteriore una scala graduata millimetrica, comoda per una regolazione precisa dell'altezza della sella; l'altezza minima di inserimento nel piantone è a 9 cm dal basso, indicata da una tacca.

La scala graduata sul retro del tubo per regolare l'altezza con precisione.


Il tubo è in linea cioè non è arretrato. La testa del reggisella, con una base realizzata in carbonio, è di tipo a doppia vite di regolazione; la viteria è in titanio.
Si tratta di un prodotto molto leggero, forse uno dei più leggeri disponibili sul mercato: nella misura che ho scelto, 350x30,9 mm, il peso dichiarato e verificato è di 185 grammi, mentre la mia bilancia digitale ha segnato una misura ancora inferiore di qualche grammo. Al di là di questi numeri, la differenza con un componente simile in alluminio è davvero notevole: il reggisella montato di serie sulla mia bici pesa 350 grammi, con un risparmio di circa 170 grammi.

Montaggio e regolazione.

Particolare della bellissima testa: carbonio, titanio, acciaio anodizzato.

Come in altri reggisella a doppia vite di regolazione, la fase di montaggio della sella richiede un minimo di pazienza e di precisione per allineare correttamente i binari nei supporti metallici superiori ma offre, in compenso, una precisione di allineamento ed inclinazione che i supporti a vite singola non possono dare. Una volta fissata la sella, occorre procedere con la regolazione dell'inclinazione; si può fare ad occhio ma personalmente utilizzo il metodo della livella a bolla.
  

La finitura del reggisella CTK è particolarmente lucida e quindi potenzialmente soggetta a graffi: per questo raccomando di carteggiare l'interno del piantone con un pezzo di carta a vetro a grana fine (200 o 400) in modo da essere sicuri di aver eliminato sbavature e residui di lavorazione che potrebbero graffiare il tubo.

La sella montata

Ciò fatto, lo si inserisce all'altezza preferita, si posiziona la bicicletta in piano, si appoggia una livella a bolla sulla sella e quindi si agisce sulle due viti di regolazione con una chiave a brugola fino ad ottenere l'inclinazione desiderata: serrando la vite anteriore si inclina la sella in avanti, serrando la posteriore, la si inclina indietro. Infine, si verifica che entrambe le viti siano serrate con la coppia corretta; se si dispone di una chiave dinamometrica, il valore raccomandato espresso in Nm è chiaramente indicato sul tubo.
I materiali utilizzati per la testa (carbonio per la base, titanio per le viti, acciaio anodizzato per i supporti superiori) sembrano assicurare da subito un fissaggio molto efficace e stabile; tuttavia, trattandosi di una parte sollecitata da molti fattori (peso e massa del biker, fondo stradale ecc.) è opportuno verificare il serraggio delle viti dopo le prime uscite.

Impressioni d’uso. 

Un elemento apprezzabile è la scala graduata, molto utile per variare frequentemente l'altezza della sella, alzandola e abbassandola a misure intermedie a seconda della pendenza e delle caratteristiche del fondo.
In sella ad una bici front suspended viene fuori la qualità della fibra di carbonio, ovvero una capacità di assorbire (quindi smorzare) vibrazioni maggiore rispetto all'alluminio e all'acciaio. Il comfort è eccellente, la differenza con un tubo in alluminio è notevole, e si accompagna ad una costante di rigidità e sicurezza: sembra quasi di essere passato ad un diametro superiore. È ovvio che un reggisella non possa sostituire un carro ammortizzato o una copertura di sezione maggiore, ma sicuramente la capacità della fibra di carbonio di smorzare una buona parte delle sollecitazioni dello sterrato ha aumentato il comfort delle mie escursioni in maniera avvertibile.
Infine, parliamo di soldi: questo reggisella ha un prezzo molto interessante (circa 63€ on line) sia per la qualità offerta (lo ripeto, molto alta) che in rapporto a prodotti di brand più noti; anzi, è nella fascia di prezzo di alcuni reggisella in alluminio. Ad esempio, il Thomson Elite costa circa 70 €, è in alluminio e pesa un centinaio di grammi in più, mentre per un reggisella in carbonio Crank Brothers occorre sborsare più di 200 €.
Conclusioni.
Non potrei essere più soddisfatto: ho perso peso, ne ho guadagnato in comodità ed estetica, il tutto con un budget ragionevole.


Manubri full carbon CTK Light

Dopo il reggisella, della CTK Light ho deciso di adottare anche due manubri in fibra di carbonio, uno per uso  XC da montare sulla front e uno più largo, che è indicato per bici da 29 pollici ma che, grazie alle dimensioni generose, ho montato sulla bici da freeride per un utilizzo, quindi, molto più discesistico che pedalato (la fibra di carbonio si usa già in DH, quindi sono andato tranquillo).

La piega flat da 600 mm

La piega low rizer da 710 mm

Le due pieghe manubrio, entrambe con attacco oversize da 31,8 mm, sono realizzate in fibra di carbonio unidirezionale con una bella finitura lucida. Quello che colpisce da subito è il peso, veramente contenuto rispetto ai componenti in alluminio: 138 grammi il manubrio da 600 mm, 155 grammi il modello da 710 mm. Uno se ne accorge tenendoli tra le mani prima ancora che posandoli sul piatto della bilancia elettronica.

   
Particolare della piega da 710 mm. Si noti la scala per il centramento.


La linea è sobria ed essenziale, non ci sono le grafiche un po’ “tamarre” della componentistica più freeride. La cura costruttiva è altissima: non ho rilevato alcuna imprecisione nei bordi né nelle serigrafie. Al centro sono riportati una scala graduata di riferimento (con indici orizzontali e verticali) e i valori di serraggio espressi in Nm per un corretto montaggio (allineamento, centramento, serraggio) sull'attacco manubrio.

Montaggio.

La scala graduata al centro della piega facilita il compito di un montaggio preciso e centrato rispetto all'attacco: sto utilizzando attacchi oversize con elemento frontale aperto che consente di allineare con facilità il manubrio. Possibile, meglio affidarsi ad una chiave dinamometrica.

Sì, anche su una doppia piastra!


La bella finitura lucida UD.

Il montaggio dei comandi e delle manopole non presenta alcuna difficoltà ma richiede qualche attenzione per preservare la finitura lucida: ad esempio, lo scorrimento di comandi Shimano e Sram con collarino fisso potrebbe fare qualche graffio. Il serraggio dei collarini, lo dico subito, qualche piccolo segnetto è destinato a farlo in quanto la finitura lucida è abbastanza delicata. Nel montare le manopole di tipo lock on (ad esempio le Specialized), non sono riuscito a inserire i tappi originali (a dire il vero già molto provati da cadute) alle estremità: penso che la causa sia dello spessore del foglio di carbonio, inferiore anche se di poco a quello del tubo di alluminio; per evitare di lasciare scoperte le estremità della piega (con possibili danni in caso di caduta), in mancanza di terminali un po' più grandi, ho optato per una soluzione artigianale esteticamente discutibile ma abbastanza efficace: due pezzi di un tappo da bottiglia in silicone. Con questo ho completato, in tempi davvero rapidi, il montaggio delle due pieghe.

Impressioni d'uso.

Cominciamo con la piega da 710 mm (low rizer, 20 mm, angolo di 7°). Una volta montata trasmette una sensazione di solidità, stabilità e sicurezza inaspettate per il suo peso: e invece è bella rigida e salda sul cannotto della forcella. Anche se ormai sono molto diffusi manubri larghi oltre 75 cm, il CTK ha le dimensioni giuste per telai da 29”, bici da all mountain, enduro e da freeride. In pedalata, sia da seduti che in piedi, è stabile e confortevole, ma il meglio di sé lo ha dato in discesa, con un mix di rigidità (sorprendente per la sua leggerezza) e di capacità di smorzare le vibrazioni.

Dopo averlo testato a lungo nei bike park di Crans-Montana e Sauze d’Oulx, tra radici, pietre, rocce e altri ostacoli affrontati a velocità quanto meno allegra, posso dire che si tratta di un componente molto robusto e confortevole, con cui ci si sente a proprio agio nell'impostare traiettorie e curve, nelle staccate più aggressive e nel passare senza troppi riguardi sopra gli ostacoli, come nel video registrato in soggettiva. Anche la finitura lucida, che a prima vista pareva delicata, ha dimostrato di essere sufficientemente resistente a pietrisco, rami e operazioni di carico e scarico dalla cabinovia.

Il video qui sotto è stato registrato scendendo un sentiero abbastanza vario: passaggi tecnici, single track veloce, qualche ostacolo naturale. Il feeling è stato sempre molto buono, di solidità e comfort.



La piega da 600 mm (flat) è il tipico manubrio per uso cross country / marathon e lo consiglio senz'altro a chi sta allestendo una bici leggera (anche ad uso agonistico) e a chi sta sottoponendo il proprio mezzo ad una cura dimagrante. Anche in questa misura, offre subito una rigidità sorprendente che si associa ad un elevato comfort, cosa che fa piacere quando si usa una front, tendenzialmente rigida e con pochi centimetri di escursione, durante gite lunghe che sollecitano le braccia e affaticano il collo. Montaggio, regolazione (con riferimento della scala graduata) e disposizione dei comandi non presentano alcuna difficoltà. Le manopole si posizionano saldamente senza scivolare. Durante la pedalata da seduti garantisce sempre un buon comfort; in piedi non manifesta il minimo cedimento né in trazione né in compressione.



Non dimentico, poi, la questione del vil denaro: questi manubri in carbonio costano on line di 73 e 78 euro, ovvero sono nella fascia di prezzo di alcuni manubri in alluminio e sono più convenienti della maggior parte dei prodotti in carbonio che ho trovato nei negozi on line.


22 agosto 2011

LA TRACCIA -- Freeride in Crans Montana (Switzerland).

Eccomi rientrato e di nuovo attivo sul blog dopo qualche tempo di assenza. Inizio subito con un video girato tra i prati e i boschi di Crans Montana, un po' fuori dalle tracce del bike park, e montato in quattro e quattr'otto. In primo piano il mio nuovo manubrio in carbonio, segue recensione dettagliata :-)


13 luglio 2011

L'Italia, vista da fuori. Allo sfascio.

Eccezionale e condivisibile (in gran parte) articolo pubblicato da Business Insider corredato di diagrammi, dati e grafici sulla situazione economica e culturale italiana, vista attraverso gli occhi degli osservatori USA.
Nel mirino ci sono disoccupazione giovanile, mercato del lavoro, errori della classe politica, corruzione, evasione fiscale, ed un'amara conclusione
Any way you slice it, Italy's economy is a wreck.
italy kills the worldAny way you slice it, Italy's economy is a wreck.

04 luglio 2011

Sentiero forestale Fubina (Viù) MTB Freeride

Fubina - Cialmetta - Fubina (sentiero 135A).

Dislivello totale: 824 m

Sviluppo: 19,1 km

Ecco un percorso all mountain un po' diverso dal solito, che non mi sentirei di consigliare a chi soffre di vertigini. Si tratta di un sentiero forestale costruito nella valle di Viù negli anni 30.

Da Fubina (729 m slm), frazione a poca distanza da Viù, si parcheggia l'auto e si inizia a pedalare; si procede in direzione Viù, Polprosa, Asciutti fino ad arrivare al colle della Dieta, percorrendo 12,1 km su una strada asfaltata di recente, fino a quota 1456 m.

Ci sono due fonti di acqua potabile durante la salita: la prima è un lavatoio sul lato destro della strada.

In cima al colle, in prossimità di un cartello di confine comunale Viù/Mezzenile, inizia un sentiero boschivo, caratterizzato da alcuni saliscendi e da un fondo smosso, che porta al colle della Chialmetta o Cialmetta, con la chiesetta dedicata a San Michele.


Da qui si può imboccare il sentiero 135A (contraddistinto da segnale rosso) che porta a Fubina. Si tratta di un sentiero forestale con fondo roccioso costituito da lastre di pietra intervallate da pietre disposte di taglio. Nella prima parte, si incontra una salita (3 tornanti) a gradoni che costringe al portage, con una perdita di 45 m di dislivello.

Quasi tutto il percorso è esposto sul versante della montagna e privo di protezioni mentre il sentiero ha frequenti restringimenti, per cui occorre procedere con prudenza. La vista sulle valli di Lanzo comunque ripaga della fatica.  Il sentiero è sempre segnato, e il bivio per Calcante è segnalato.




La discesa è lunga circa 7 km, presenta alcuni passaggi tecnici un po' impegnativi (ad esempio tornanti stretti e ostacoli non sempre bene in vista, come le pietre di taglio sopra descritte. Alcuni tratti hanno un fondo pietroso smosso che richiede particolare attenzione.


L'ultimo tratto del sentiero, coperto in alcuni punti da vegetazione (felci ed erba), è maggiormente riparato e quindi più sicuro: è un singletrack divertente che sbuca tra alcune case sparse sopra Fubina e quindi sulla strada provinciale 32.


Riferimento: IGC n.2 Valli di Lanzo e Moncenisio.

Qui  http://www.mtb-forum.it/community/forum/attachment.php?attachmentid=126463&d=1309779944 la traccia .gpx per GPS portatili.



30 giugno 2011

MySpace affonda (e Timberlake se lo compra?)

Su questo blog si è scritto più volte della parabola di MySpace: da social network di successo, valutato cifre pazzesche, a fanalino di coda del web sotto i colpi di Facebook e per colpa di una interaction design fallimentara, quindi sempre più disabitato di utenti (e impiegati, con licenziamenti in massa dalla sede di Los Angeles) fino al declino totale e alla svalutazione: quasi un ventesimo del valore pagato da Murdoch qualche anno fa, come la chart di Business Insider dimostra.

Ma niente paura, arriva il nuovo investitore: e chi meglio di Justin Timberlake, tra i più sopravvalutati e insulsi fenomeni pop degli ultimi anni, potrebbe investire in uno dei più sopravvalutati social network degli ultimi anni?

09 giugno 2011

Nuova funzione: diventa lettore fisso del mio blog.

Ho appena aggiunto un gadget Google al mio blog. Si trova nella barra a destra, è il pulsante Segui. Se volete diventare lettori fissi del mio blog ed essere aggiornati sui nuovi articoli, premetelo con fiducia ;-)


Apparirà una schermata in cui potrete autenticarvi utilizzando diversi account: Google, Twitter, OpenID, oppure crearne uno nuovo in pochi secondi.


Ad esempio, potete usare l'account Google, confermare e diventare un lettore fisso, privatamente o pubblicamente: in questo caso il vostro profilo apparirà come una foto tra i lettori fissi (al momento ce n'è uno solo che fa un po' "forever alone")


Come si suol dire, vi aspetto numerosi!

Google commemora Les Paul.

Con un doodle memorabile: una chitarra stilizzata le cui corde suonano se toccate con mouse o tastiera (realizzato in HTML5 e non in Flash).
Cliccando sul doodle, ovviamente, una ricerca sul mitico chitarrista e inventore della chitarra che ha fatto il rock.