08 luglio 2009
Jacko e Viareggio, due funerali senza un corpo.
In queste ore si stanno celebrando due importanti cerimonie funebri che sembrano non avere nulla in comune.
A Viareggio, circa 30000 persone tra familiari, conoscenti e cittadini, si stanno stringendo intorno alle bare delle vittime del recente disastro ferroviario. Una cerimonia solenne, sobria, ordinata pregna di dolore e commozione. Tragicamente, la manifestazione simbolica di quel senso di civile solidarieta' che gli italiani sanno ancora provare e dimostrare nei momenti piu' difficili.
A migliaia di kilometri di distanza, nell'assolata California, si prepara e celebra un altro funerale: quello di Michale Jackson. Organizzate in uno stadio -- luogo enorme, disperso, pubblico e festoso per definizione -- per accogliere il numero impressionante di partecipanti, le esequie di Jacko sono in in realta' e prima di tutto un evento mediatico con un importante impatto economico (permetteranno di rientrare dei costi sostenuti per i concerti gia' programmati e per i biglietti da rimborsare). E' anche una vetrina per lo star system che sfilera', compreso nel proprio ruolo di orfano, tra musica e vacue parole di circostanza.
Due eventi diversissimi tra di loro, in luoghi lontani e con motivazioni differenti. Eppure vi e' qualcosa che, ai miei occhi, li rende comuni: ad entrambi i funerali, salvo sviluppi e cambiamenti, manca un corpo. E' quanto apprendiamo dalle news e dalla stampa.
Andrea Farloni, 50 anni, elettricista, stava portando a spasso il cane quando e' stato investito dall'esplosione del carro merci alla stazione di Viareggio. Dato a lungo per disperso, di lui non si sono trovati i poveri resti. "Non avremo nemmeno un corpo su cui piangere", ha giustamente lamentato la famiglia.
Il corpo di Michael Jackson non sara' da subito presente alla cerimonia-show che celebra la sua scomparsa. Il funerale si svolgera' in forma provata al Forest Lawn, il cimitero dei VIP, e solo dopo la bara sara' portata, in forma di feticcio, allo Staple Centre. Dove non ci sara' un funerale, ma una festa molto redditizia.
Ecco, due modi diversi con motivazioni del tutto distanti per cui un corpo, le spoglie mortali di un essere umano, sono sottratte al rito del saluto da parte della comunita' dei vivi. E' questa assenza -- o mancanza -- che ha colpito la mia mente nella cronaca degli utlimi giorni.
In mezzo c'e' un abisso. Un terribile incidente ha cancellato i resti mortali (non il ricordo e l'affetto) di un privato cittadino, un artigiano, un uomo della strada. Uno che portava a spasso il cane. Scommetto che aveva anche il sacchetto di plastica annodato al guinzaglio, per non lordare la strada. I parenti vorrebbero un corpo su cui piangere.
Al di la' del mare -- di questo abisso mediatico e culturale -- il corpo di un essere parossistico e caricaturale, oberato dai propri debiti, inebetito da un'esistenza quantomeno discutibile, viene sballottato e trasformato in un iconico totem da esporre in pubblico, per poter vendere qualche gadget in piu'.
Ai fan della popstar poco importa se la bara c'e' o non c'e': lo star system impone l'iconografia, e questa immaginifica e surreale protesi basta e avanza per ballare fino al mattino. E per dire: io c'ero.
03 luglio 2009
Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento.
Se cercate il titolo di questo libro su IBS troverete più di 500 tra recensioni accurate e brevi commenti. Il potere del web. E allora a cosa serve un'altra recensione di questo bestseller?
Nella migliore delle ipotesi, a nulla. Se non, forse, a mettere nero su bianco (o bianco su nero, dato il layout del mio sito) il mio parere sul caso letterario spagnolo: L'ombra del vento è di gran lunga il peggior romanzo (d'appendice, s'intende) che abbia mai letto. Anzi, a voler essere sinceri, non l'ho nemmeno finito di leggere: in un gesto di pietà verso me stesso, mi sono dispensato delle ultime inutili, penose, farraginose 30 pagine.
La sinossi ve la cercate su Wikipedia, da bravi.
Veniamo al succo.
Questa cartaccia avvolta in una copertina abbastanza oscena si discosta poco, per qualità, contenuti, stile, apporto creativo e messaggio, ad un volume della collana Harmony, della quale, purtroppo, non condivide il prezzo popolare.
I dialoghi sono qualitativamente inferiori solo a quelli dei primi Diabolik e Satanik, fumetti che peraltro conservano una ruspante sincerità.
I personaggi, poi... Variano dalla caricatura pseudofiabesca (il clochard erudito, il poliziotto violento) alla più completa inconsistenza (il protagonista Daniel, che si innamora prima di una cieca poi di una vecchia e infine della sorella di un amico; ma dai, ci mancava la dottoressa del comando militare e faceva poker).
Chiude in bellezza, si fa per dire, una storia che non ha né capo né coda, del tutto slegata dal contesto storico in cui è ambientata. Siamo nel '45, pergiove, mica una data qualunque.
La conclusione viene da sé. L'ombra del vento è una lettura adatta a chi già si dedica a contenuti del medesimo livello e spessore, come l'elenco telefonico di Parma o i romanzi di Coelho. Ma ancora meglio sarebbe evitare di leggere e comprare questo imbarazzante blocco di carta rilegata.
Con gli stessi soldi, compratevi un Happy Meal da McDonalds: fa schifo uguale, ma almeno c'è dentro il pupazzetto.
29 giugno 2009
Eni, servizi on line sempre down.
Ieri ho provato di nuovo ad accedere ai servizi on line del sito Eni, con la procedura di recupero password. Come nei precedenti tentativi, le credenziali, fornite da Eni, risultano non corrette.
Oggi il sito www.eni.it e tutti i suoi link non sono raggiungibili. Quel bel "Error 404 Not Found" che non si trova piu' nemmeno sui siti amatoriali.
Ho chiamato il numero verde 800.900.700 e una voce registrata dice che per problemi tecnici i servizi sono momentaneamente sospesi.
Gli unici sistemi che continuano a funzionare egregiamente sono quelli di billing: la fattura da 166 euro e' stata addebitata puntuale come la morte sul mio conto corrente.
Oggi il sito www.eni.it e tutti i suoi link non sono raggiungibili. Quel bel "Error 404 Not Found" che non si trova piu' nemmeno sui siti amatoriali.
Ho chiamato il numero verde 800.900.700 e una voce registrata dice che per problemi tecnici i servizi sono momentaneamente sospesi.
Gli unici sistemi che continuano a funzionare egregiamente sono quelli di billing: la fattura da 166 euro e' stata addebitata puntuale come la morte sul mio conto corrente.
26 giugno 2009
Jacko e la sua morte.
Il Corriere di oggi apre con la notizia di due morti nel mondo dello spettacolo. Dirò subito che sono dispiaciuto per la scomparsa di Farrah Fawcett.
Ma non verserò una sola lacrima per Michael Jackson che, stando ad alcune fonti, è morto per un attacco di cuore poche ore fa.
Le sue ingombranti, deplorevoli vicissitudini personali, scivolate spesso in vicende giudiziarie -- tanto clamorose al loro avvio quanto colpevolmente silenziose nelle loro conclusioni -- legate a discutibili comportamenti sessuali, hanno contribuito ad alimentare in me un sentimento che andava al di là dell'insofferenza e del disprezzo.
La sua musica -- se musica si può chiamare quella confusa baraonda più simile al tramestio di una folla nel giorno di mercato che al prodotto della creatività di un musicista -- mi ha sempre fatto ribbrezzo, un disgusto pari solo alle sue morbose trasformazioni. E lo dico in barba ai 750 milioni di dischi venduti. La gente ha comprato un numero ben superiore di sigarette, ma questo non significa che abbia usato il cervello.
Jackson ha rifiutato quanto la vita gli aveva dato, a principiare dal colore della pelle (credete ancora alla storia della malattia? Sveglia, il sole è già sorto da un pezzo) e dal suo aspetto fisico, martoriato da una scienza complice e correa. Delle sue odiose attenzione per i minori ho già scritto e qui aggiungo che ho spesso
sospettato che fossero anche indigenti famiglie a gettare i propri figli nella tana del lupo -- quella pazzia chiamata Neverland -- per poi dichiarare chiuso lo spiacevole inconveniente con un bell'assegno in tasca.
Ma questo è il ricco occidente. In un altro Paese, uno di quelli che occupano le cronache in questi giorni, un tipo così penzolerebbe da una gru da un bel pezzo. Altro che flash, copertine e camera iperbarica.
Jacko se ne è andato. Come sempre accade, da morto tutti i peccati gli verranno rimessi. Ora sarà un grande artista per tutti. La leggenda. Il mito. Immortale, secondo il quotidiano del Vaticano. A seguire: un santo, un martire, un beato.
Ora i giornali e il web faranno un po' di rumore, pubblicando le foto del popolo raccolto in fiaccolate e meste cerimonie, e dicendo quanto ero buono, quanto era bravo. Io, in questa inopportuna santificazione, mi accontento, apparentemente, di poco. Ad esempio, che abbia smesso di nuocere agli indifesi. Eppure mi pare già molto.
Ma non verserò una sola lacrima per Michael Jackson che, stando ad alcune fonti, è morto per un attacco di cuore poche ore fa.
Le sue ingombranti, deplorevoli vicissitudini personali, scivolate spesso in vicende giudiziarie -- tanto clamorose al loro avvio quanto colpevolmente silenziose nelle loro conclusioni -- legate a discutibili comportamenti sessuali, hanno contribuito ad alimentare in me un sentimento che andava al di là dell'insofferenza e del disprezzo.
La sua musica -- se musica si può chiamare quella confusa baraonda più simile al tramestio di una folla nel giorno di mercato che al prodotto della creatività di un musicista -- mi ha sempre fatto ribbrezzo, un disgusto pari solo alle sue morbose trasformazioni. E lo dico in barba ai 750 milioni di dischi venduti. La gente ha comprato un numero ben superiore di sigarette, ma questo non significa che abbia usato il cervello.
Jackson ha rifiutato quanto la vita gli aveva dato, a principiare dal colore della pelle (credete ancora alla storia della malattia? Sveglia, il sole è già sorto da un pezzo) e dal suo aspetto fisico, martoriato da una scienza complice e correa. Delle sue odiose attenzione per i minori ho già scritto e qui aggiungo che ho spesso
sospettato che fossero anche indigenti famiglie a gettare i propri figli nella tana del lupo -- quella pazzia chiamata Neverland -- per poi dichiarare chiuso lo spiacevole inconveniente con un bell'assegno in tasca.
Ma questo è il ricco occidente. In un altro Paese, uno di quelli che occupano le cronache in questi giorni, un tipo così penzolerebbe da una gru da un bel pezzo. Altro che flash, copertine e camera iperbarica.
Jacko se ne è andato. Come sempre accade, da morto tutti i peccati gli verranno rimessi. Ora sarà un grande artista per tutti. La leggenda. Il mito. Immortale, secondo il quotidiano del Vaticano. A seguire: un santo, un martire, un beato.
Ora i giornali e il web faranno un po' di rumore, pubblicando le foto del popolo raccolto in fiaccolate e meste cerimonie, e dicendo quanto ero buono, quanto era bravo. Io, in questa inopportuna santificazione, mi accontento, apparentemente, di poco. Ad esempio, che abbia smesso di nuocere agli indifesi. Eppure mi pare già molto.
25 giugno 2009
19 giugno 2009
Il potente sito ENI.
Ma chi l'ha fatto? Paperino?
Completata la procedura di registrazione, ricevo email di conferma con le mie credenziali, che inserisco ripetutamente nella form di autenticazione. Ecco il risultato:
Credenziali non corrette? Ma se me le avete date voi!
Poi clicco su un'offerta promozionale ma quando tento di tornare nella home page, questa non esiste. Un errore da webmaster al primo giorno di scuola.
Meno soldi a Massimo Ghini e piu ai vostri HTMListi.
Completata la procedura di registrazione, ricevo email di conferma con le mie credenziali, che inserisco ripetutamente nella form di autenticazione. Ecco il risultato:
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Meno soldi a Massimo Ghini e piu ai vostri HTMListi.
18 giugno 2009
Wired, ma senza Sofri.
Leggo Wired in versione inglese da un po' piu' tempo della media degli internauti italiani e sono abbonato all'edizione italiana dal primo numero, con entusiasmo, lo stesso con cui ho ricomprato anche il terzo numero che mi era stato sottrattao dalla casetta postale.
Diciamo che il mio attaccamento a questa testata non e' oggetto di discussione.
Lo e', forse, la scelta di alcuni contributors, che assai poco hanno di nuovo, fresco. Diciamo uno e diciamo che e' Luca Sofri. Che, non soffrendo esattamente di assenza dai media, firma puntualmente quei 2-3 pezzi a numero.
Sofri -- antipatichino, saccente e abbastanza snob -- scrive su un numero imprecisato di quotidiani e riviste e, instancabile, aggiorna il suo Wittgenstein (dalle cui pagine difende la moglie: ma ce n'era bisogno? Non sa la Sig.ra Bignardi cavarsela da sola?) , parla alla radio, presenta in TV.
Sofri, dicevo, appartiene a pieno titolo ad una casta, quella degli opinion leader non ancora ottuagenari ma nemmeno trentenni, ben piazzato e ben introdotto, e della sua invidiabile posizione puo' dispensare consigli ed omaggiare il globo di salaci e dissacranti corsivi.
Su posizioni non certo rivoluzionarie, il nostro e' abilissimo a trarre il massimo profitto dall'ambiente che lo circonda ed ospita salvo pero' impartire severe critiche a destra e a manca.
Sofri e' anche un riuscito esempio di mediafamily, non nell'accezione di famiglia media, ma nel senso di famiglia impiegata full time in ruoli prestigiosi dell'industria mediatica.
Insomma, un personaggio che e' si wired, perche' di rete e tecnologie, ad onor del vero, se ne capisce, ma il cui profilo mal si addice al (dichiarato) spirito di innovazione, trasformazione e cambiamento della rivista.
Wired, vi prego, senza Sofri: non e' lo spazio mediatico che gli manca.
Diciamo che il mio attaccamento a questa testata non e' oggetto di discussione.
Lo e', forse, la scelta di alcuni contributors, che assai poco hanno di nuovo, fresco. Diciamo uno e diciamo che e' Luca Sofri. Che, non soffrendo esattamente di assenza dai media, firma puntualmente quei 2-3 pezzi a numero.
Sofri -- antipatichino, saccente e abbastanza snob -- scrive su un numero imprecisato di quotidiani e riviste e, instancabile, aggiorna il suo Wittgenstein (dalle cui pagine difende la moglie: ma ce n'era bisogno? Non sa la Sig.ra Bignardi cavarsela da sola?) , parla alla radio, presenta in TV.
Sofri, dicevo, appartiene a pieno titolo ad una casta, quella degli opinion leader non ancora ottuagenari ma nemmeno trentenni, ben piazzato e ben introdotto, e della sua invidiabile posizione puo' dispensare consigli ed omaggiare il globo di salaci e dissacranti corsivi.
Su posizioni non certo rivoluzionarie, il nostro e' abilissimo a trarre il massimo profitto dall'ambiente che lo circonda ed ospita salvo pero' impartire severe critiche a destra e a manca.
Sofri e' anche un riuscito esempio di mediafamily, non nell'accezione di famiglia media, ma nel senso di famiglia impiegata full time in ruoli prestigiosi dell'industria mediatica.
Insomma, un personaggio che e' si wired, perche' di rete e tecnologie, ad onor del vero, se ne capisce, ma il cui profilo mal si addice al (dichiarato) spirito di innovazione, trasformazione e cambiamento della rivista.
Wired, vi prego, senza Sofri: non e' lo spazio mediatico che gli manca.
A car in Venice.
Ieri sera sono ritornato in Campo San Samuele, dall'ingresso di Palazzo Grassi, dove una Buick Grand National del 1987 e' stata parcheggiata coperta da un telo. Avevo gia' pubblicato uno scatto della Buick, ma vista di notte e' piu' suggestiva (come tutte le cose).
Qui tutti gli scatti fatti con la fida compattina Casio.
17 giugno 2009
Firmware 3.0 per iPhone rimandato a domani?
Teoricamente il nuovo firmware 3.0 per iPhone sarebbe dovuto essere rilasciato oggi, ma al momento non e' ancora disponibile *.
E infatti sul sito Apple.com si legge che sara' rilasciato domani.
Chi avra' ragione? Apple.com o Apple Italia?
AGGIORNAMENTO: verso le 19 il firmware era finalmente disponibile per il download. Ora lo sto scaricando anch'io.
E infatti sul sito Apple.com si legge che sara' rilasciato domani.
Chi avra' ragione? Apple.com o Apple Italia?
AGGIORNAMENTO: verso le 19 il firmware era finalmente disponibile per il download. Ora lo sto scaricando anch'io.
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