In fondo ai capannoni della zona industriale che si sviluppa oltre il casello Settimo Torinese dell'autostrada Torino - Aosta direzione Aosta, parte una pista ciclabile sterrata molto piacevole che si chiama Tangenziale verde (lotto I) e arriva quasi al confine con Torino. Qui si trova un po' di documentazione, e sotto la vista aerea del percorso da Google Maps.
Visualizzazione ingrandita della mappa
Da una mappa pubblicata su un cartello lungo il percorso, si capisce che si tratta di un progetto più ampio che comprende tracciati all'interno di un'area verde attrezzata simile al parco fluviale del Po.
Mi sembra un luogo ideale per allenarsi correndo a piedi oppure in bici coi rapportoni lunghi. Il terreno è compatto e in buono stato.
La nota negativa è che per raggiungerla da settimo bisogna percorrere un viadotto davvero pericoloso per colpa degli autocarri.
05 giugno 2009
25 maggio 2009
Emilio Randacio, Una vita da spia.
Durante un'incursione in libreria, sono stato attratto da questo volumetto pubblicato da BUR, editore che da qualche tempo sforna titoli in tema di eversione nera, servizi segreti e P2.
Nel mio blog trovate le mie recensioni di altri titoli della stessa collana.
Quello che poteva essere un racconto avvincente e dettagliato di operazioni sotto copertura, missioni e intrighi, si è rilevata una mezza delusione.
Il libro è una sorta di biografia ad episodi di Marco Bernardini, un collaboratore esterno -- nemmeno un effettivo -- del Sisde, infiltrato nei movimenti dell'ultrasinistra romana dei tardi anni 80 e impegnato in 3-4 missioni estere, anche a beneficio della CIA.
Purtroppo l'autore, cronista giudiziario di Repubblica, non spende molte parole sugli argomenti più intriganti di questo mestiere: addestramento, organizzazione, gerarchie, nomi. Non vi è nulla di più di quanto un lettore minimamente informato gia non sappia in tema di intelligence nostrana.
Il libro si conclude in maniera frettolosa, con il congedo -- l'inevitabile calcio nel sedere -- del signor Bernardini che, perseguitato da una proverbiale sfiga (che fa di lui più un agente "00ciccio" che un fascinoso 007), inizia a collaborare con la security di Pirelli e Telecom Italia giusto in tempo per le indagini della Procura di Milano del 2005.
L'unica parte utile del libro è l'appendice, una sorta di bignami della monumentale "Storia dei servizi segreti" del professor De Lutiis, lettura che raccomando vivamente in versione completa.
Titolo: Una vita da spia
Autore: Randacio Emilio
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Futuropassato)
Data di Pubblicazione: 2008
ISBN: 9788817020572
Dettagli: p. 175
21 maggio 2009
La ditta Costa ha chiuso.
Negli scorsi mesi, come sempre di premura, sono passato un paio di volte in Piazza Paolo da Novi a Genova, e ho notato che la ditta Costa, officina Piaggio da piu' di quarant'anni, non era aperta come al solito.
Non ho dato piu' di tanto peso a questo fatto ne' ho effettivamente realizzato che sopra la porta grigia mancava qualcosa: l'insegna di colore blu con scritto COSTA.
Fino a che ho ricevuto una email in cui mi si chiedeva se conveniva portare ai fratelli Costa una vecchia Vespa che si rifiutava di partire. Ma certo, ho risposto d'istinto. Cosi' ci ho pensato su, e nella mia mente si e' materializzata quell'immagine di Piazza Paolo da Novi in cui qualcosa non va: una porta chiusa, un elemento che manca.
Cerco per un po' sul web, senza trovare alcuna notizia. Apro Google Maps. Visto che StreetView e' disponibile, mi faccio un giro sul controviale della Piazza, avanti e indietro. Tra il salumiere ed il negozio di forniture per sarte, si vede la porta chiusa dell'officina Costa e l'ombra indelebile lasciata dall'insegna rimossa.
A bordo strada, come un cane che aspetta il padrone, c'e' una vecchia Primavera parcheggiata, il parabrezza rivolto verso la porta chiusa. Attende.
Un paio di telefonate ai commercianti vicini, e trovo la conferma. La ditta Costa ha chiuso, da qualche mese. I motivi ve li lascio immaginare. A me hanno molto rattristato.
Sono stato cliente dei fratelli Costa per quindici anni. Tra le loro mani sono passati le mie Vespe e i miei Si', quei buffi motorini con i pedali.
Alla ditta Costa avevo dedicato qualche riga, con affetto. Avevo chiamato quel pezzo Certezze perche' dentro di me avevo bisogno di pensare che i burberi fratelli ci sarebbero sempre stati, sempre pronti ad accogliere la mia Vespa tossicchiante e a mostrarmi i ricambi sostituiti.
Oggi, al posto di quelle certezze, rimane solo una porticina chiusa, del colore del cielo d'inverno.
Non ho dato piu' di tanto peso a questo fatto ne' ho effettivamente realizzato che sopra la porta grigia mancava qualcosa: l'insegna di colore blu con scritto COSTA.
Fino a che ho ricevuto una email in cui mi si chiedeva se conveniva portare ai fratelli Costa una vecchia Vespa che si rifiutava di partire. Ma certo, ho risposto d'istinto. Cosi' ci ho pensato su, e nella mia mente si e' materializzata quell'immagine di Piazza Paolo da Novi in cui qualcosa non va: una porta chiusa, un elemento che manca.
Cerco per un po' sul web, senza trovare alcuna notizia. Apro Google Maps. Visto che StreetView e' disponibile, mi faccio un giro sul controviale della Piazza, avanti e indietro. Tra il salumiere ed il negozio di forniture per sarte, si vede la porta chiusa dell'officina Costa e l'ombra indelebile lasciata dall'insegna rimossa.
A bordo strada, come un cane che aspetta il padrone, c'e' una vecchia Primavera parcheggiata, il parabrezza rivolto verso la porta chiusa. Attende.
Un paio di telefonate ai commercianti vicini, e trovo la conferma. La ditta Costa ha chiuso, da qualche mese. I motivi ve li lascio immaginare. A me hanno molto rattristato.
Sono stato cliente dei fratelli Costa per quindici anni. Tra le loro mani sono passati le mie Vespe e i miei Si', quei buffi motorini con i pedali.
Alla ditta Costa avevo dedicato qualche riga, con affetto. Avevo chiamato quel pezzo Certezze perche' dentro di me avevo bisogno di pensare che i burberi fratelli ci sarebbero sempre stati, sempre pronti ad accogliere la mia Vespa tossicchiante e a mostrarmi i ricambi sostituiti.
Oggi, al posto di quelle certezze, rimane solo una porticina chiusa, del colore del cielo d'inverno.
19 maggio 2009
L'umiltà di Moni Ovadia.
Era lui sul treno questa mattina, pochi minuti fa? Mi sembra proprio di sì: diciamo che ne sono sicuro al 90%. Sfido chiunque altro ad indossare quel buffo copricapo.
Ma che fosse l'istrionico uomo di teatro l'ho capito dopo, quando mi è passato accanto sbraitando di aver studiato con xxx e di essere allievo del più grande musicologo del mondo.
Perché prima per me era un chiassoso signore, nascosto tra le file dei sedili e dedito a monologhi più da bus che da palcoscenico, con argomentazioni, condivise a voce davvero alta, del tipo:
- ma in che paese sono capitato?
- eh questa italietta di provincia...
- non ci sono più i valori di una volta!
Però se la memoria non mi inganna questa italietta provincialotta gli assicura spesso il tutto esaurito quando calca la scena.
Per la serie, sputo nel piatto e lo faccio in maniera plateale.
Ma che fosse l'istrionico uomo di teatro l'ho capito dopo, quando mi è passato accanto sbraitando di aver studiato con xxx e di essere allievo del più grande musicologo del mondo.
Perché prima per me era un chiassoso signore, nascosto tra le file dei sedili e dedito a monologhi più da bus che da palcoscenico, con argomentazioni, condivise a voce davvero alta, del tipo:
- ma in che paese sono capitato?
- eh questa italietta di provincia...
- non ci sono più i valori di una volta!
Però se la memoria non mi inganna questa italietta provincialotta gli assicura spesso il tutto esaurito quando calca la scena.
Per la serie, sputo nel piatto e lo faccio in maniera plateale.
18 maggio 2009
Su e giu' nel fango della collina torinese.
Per la seconda volta abbiamo provato ad avventurarci sul tracciato da Bardassano a Bussolino segnalato da Peverada, ma arrivati alla Cascina Pellera, se ho ben capito dove ci trovavamo, una sbarra abbassata ci ha imposto di cambiare idea.
La volta precedente era andata meglio: la sbarra era alzata e si poteva seguire il tracciato, facendo solo un po' di attenzione a non essere sbranato da un cane da guardia dei proprietari della cascina.
Comunque, essendo il sentiero da Cascina Pellera sbarrato, abbiamo deciso di proseguire alla nostra destra, imboccando il tratto 82 della Grande Taversata della Collina.
Le cose si sono messe male da subito: a causa delle abbondanti piogge del giorno prima, il tracciato era completamente invaso da uno strato spesso mezzo metro di fango, acqua e sterco di cavallo. Un itinerario piu' indicato a suini e animali da cortile che alle mountain bike.
Abbiamo spinto faticosamente le bici affondando con i piedi nella pauta fino alla caviglia fino alla sommita' della collina dove siamo stati premiati con un panorama favoloso e dall'inizio di un sentiero in discesa nel bosco.
Ho potuto verificare e apprezzare la migliore qualita' di un impianto frenante idraulico: anche coperto da dieci centimetri di fango, la frenata (indispensabile vista la pendenza) non tradisce.
Qui sotto qualche foto geotaggata. Basta metterle su Flickr o Picasa per vedere dove eravamo.
La mitica Pininfarina dell'amico Stefano appesantita da un quintale di fango.
Foto di gruppo con fungo velenoso e Giant Terrago 3.
Anche la Giant con la sua zavorrona di fango e stallatico.
Arrivato a casa: prima e dopo la sosta all'autolavaggio.
La volta precedente era andata meglio: la sbarra era alzata e si poteva seguire il tracciato, facendo solo un po' di attenzione a non essere sbranato da un cane da guardia dei proprietari della cascina.
Comunque, essendo il sentiero da Cascina Pellera sbarrato, abbiamo deciso di proseguire alla nostra destra, imboccando il tratto 82 della Grande Taversata della Collina.
Le cose si sono messe male da subito: a causa delle abbondanti piogge del giorno prima, il tracciato era completamente invaso da uno strato spesso mezzo metro di fango, acqua e sterco di cavallo. Un itinerario piu' indicato a suini e animali da cortile che alle mountain bike.
Abbiamo spinto faticosamente le bici affondando con i piedi nella pauta fino alla caviglia fino alla sommita' della collina dove siamo stati premiati con un panorama favoloso e dall'inizio di un sentiero in discesa nel bosco.
Ho potuto verificare e apprezzare la migliore qualita' di un impianto frenante idraulico: anche coperto da dieci centimetri di fango, la frenata (indispensabile vista la pendenza) non tradisce.
Qui sotto qualche foto geotaggata. Basta metterle su Flickr o Picasa per vedere dove eravamo.
La mitica Pininfarina dell'amico Stefano appesantita da un quintale di fango.
Foto di gruppo con fungo velenoso e Giant Terrago 3.
Anche la Giant con la sua zavorrona di fango e stallatico.
Arrivato a casa: prima e dopo la sosta all'autolavaggio.
05 maggio 2009
Da Bardassano a Bussolino.
Sto pensando di fare questa escursione sulla collina torinese.
Qui sotto il percorso suggerito da Peverada.Qui invece la mia elaborazione con Google Maps.
Visualizzazione ingrandita della mappa
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04 maggio 2009
30 aprile 2009
Gran Torino.
Dal New York Times:
If there is a bankruptcy filing, the new management team will lead the company until it has finished restructuring. It was not clear whether one of Chrysler’s executives or a Fiat executive would head the company.
29 aprile 2009
Vai a lavorare, scioperata.
La monnezza, per chi e' interessato, e' qui.
E intanto c'e' che sispacca la schiena per 1000 euro al mese, in nero e senza contributi. E lo fa in silenzio, un silenzio rotto solo di rado da Report e Anno Zero che ancora sanno che cos'e' il Paese reale.
Non so se mi fa piu' raccapriccio la ragazzina in questione, i quotidiani che le danno spazio in prima pagina (per risollevare l'umore dopo la febbre suina?) o il "papi" con le sue mosse da dittatorello paternalista.
Forse la somma delle tre cose.
E intanto c'e' che sispacca la schiena per 1000 euro al mese, in nero e senza contributi. E lo fa in silenzio, un silenzio rotto solo di rado da Report e Anno Zero che ancora sanno che cos'e' il Paese reale.
Non so se mi fa piu' raccapriccio la ragazzina in questione, i quotidiani che le danno spazio in prima pagina (per risollevare l'umore dopo la febbre suina?) o il "papi" con le sue mosse da dittatorello paternalista.
Forse la somma delle tre cose.
La crisi dei quotidiani.
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