In più occasioni ho riflettuto su come l'esposizione della mia vita sulla Internet, sia attraverso il mio sito che nelle reti sociali a cui sono iscritto (Facebook per ultima ma in questi anni ce ne sono state altre), mi abbia riavvicinato a persone che appartengono al mio passato.
Un passato che, in qualche caso, è divenuto tale perché il tempo scorre e i nodi si allentano fino a sciogliersi. Allora è dolce ritrovare un sorriso che pensavo perduto e invece è ancora lì, solo circondato da qualche ruga in più, ma ancora capace di illuminare una stanza buia e di scaldarmi il cuore con un'abbraccio o un'e-mail.
Altre volte il passato è divenuto tale perché le cose non sono andate bene né come le immaginavo. Un distacco, un litigio. Un'amicizia che finisce e si porta dietro una lunga scia di rancori e rimorsi, che nei giorni e nei mesi si assottiglia, ma senza mai sparire. E' come se un piccolo, costante dolore continuasse a pulsare da qualche parte dentro di me, ricordandomi, giorno dopo giorno, gli errori che ho commesso -- e sono tanti -- ma anche le mancanze che non mi sono state perdonate. Chiamiamola sfortuna. Così, per non cadere nella tentazione di chiamarla ingratitudine.
Nel mio passato ci sono amicizie finite.
Ho più volte cercato di farmene una ragione. Ammettendo di aver sbagliato e che quello era il prezzo da pagare. Cercando di convincermi che la vita non è come un libro o un film dove i sentimenti sono abbastanza forti da vincere su tutto e resistere al maltempo. No: l'amicizia è come un amore e spesso nemmeno dei migliori, non è incondizionata, non è immortale. Un'amicizia può finire, rompersi in mille piccoli pezzi e scivolare in un silenzio ostile.
Ed è da questo passato, vecchio di più di dieci anni, che sono riemersi alcuni amici di allora. Con passo leggero. Con poche, sussurrate parole. Un saluto, un come stai oggi. E con un carico di ricordi. Pesantissimo. Immagini nitidissime, parole che mi sembra di avere appena ascoltato. Gli odori. Quelli, poi. Che se chiudo gli occhi mi sembra di tornare a vent'anni, ad annusare forte la vita e con ancora tutto da fare.
Questo passato mi agita. Mi crea un senso di eccitazione molto diverso dalla malinconia da album di vecchie foto. E' tutto talmente reale. Mi sembra quasi di potermi sporgere e toccare con una mano tutto il mio passato.
Sarei un vigliacco e un bugiardo se maledicessi le reti sociali per avermi mostrato, dopo tanti anni, quelle che un tempo erano amicizie fatte di ore trascorse insieme, racconti, confidenze, sogni e che oggi sono sensazioni incorporee, comunicazioni a distanza, ricordi.
Ma dove vanno le amicizie finite quando non le vediamo più? E cosa succede alle amicizie finite, interrotte, infrante, quando le si incontra sulla propria strada a distanza di anni? Che cosa si può fare: correre loro incontro, accennare un saluto o cambiare strada? E' proprio vero, come cantava Enrico Ruggeri, che
non s'aggiusta un vetro rotto in due? Oppure, come è umano sperare, avrò ancora una chance di rimettere insieme un'amicizia che, per un gesto sbagliato, è caduta andando in pezzi?
Voglio sperare.
Voglio che almeno un po' di quelle speranze, che riempivano la mia vita di ventenne e il mio cuore di amico pronto a tutto, tornino a pulsare forte dentro di me e spingano la mia mano tesa, con un gesto che non chiede perché e non aspetta nulla. Nemmeno che un'altra mano la stringa.
Sono forte abbastanza per rassegnarmi ad un altro fallimento, a ritrovarmi a contemplare nient'altro che un vetro rotto che non sono stato in grado di aggiustare. Entrerà un po' di freddo. Non potrà essere peggio che contemplarne i pezzi sparsi a terra, senza nemmeno la forza di raccoglierli in un angolo e buttarli via.