18 ottobre 2008

La casta dei soliti blogger: io sono io e voi non siete un...

Leggo con un po' di disappunto uno degli ultimi interventi di Paolo Valdemarin, stimatissima ed accreditata blogstar, che commenta l'atmosfera al recente BlogFest di Rovereto.

Cito dal suo post:
Non so perché da noi ci si sia fossilizzati sulle "top 100" dei blogger, ma è vero che in buona parte si sente parlare sempre dello stesso gruppo [...]

A questo punto io credo che prima ci dimentichiamo dei blogger meglio è. Passiamo avanti, le cose buone rimarranno, ma non ha senso continuare a parlarne.
Curioso. Valdemarin appartiene a pieno titolo alla casta dei soliti 10-12 autori abituati a citarsi l'un l'altro nei post, usando rigorosamente il solo nome di battesimo, come fossero i quattro evangelisti (d'altronde il cognome di una blogstar è ovvio e non saperlo è talmente out),

Un punto di vista quasi sconcertante, almeno per me, dal momento che l'autore di queste parole è uno dei più rappresentativi esponenti di questa insignificante minoranza (sic) e quindi uno principali responsabili di questo clima fatto di elitismo, autoreferenzialità, chiusura.

Ne è prova la decisione di non consentire i commenti al post. Perché? Teme forse il confronto con la significante maggioranza?

Valdemarin (anzi, Paolo; chi, se no?) chiude il proprio sfogo auspicando l'oblio dei blogger, termine con cui credo si riferisca alla pletora di chi quotidianamente con efficienza, abnegazione e passione, ma lontano dalle scene calcate dalle blogstar (e sotto la soglia degli ennemila unique visitors), indaga, spiega, interpreta e semplifica la rete, facilita la ricerca di informazioni, l'utilizzo dei servizi e la comprensione dei fenomeni del web; in una parola, produce i cosiddetti user generated content che garantiscono la crescita di una rete conversazionale e democratica.

Non sarà un grande sforzo dimenticarsi di noi blogger per l'autorevole Valdemarin anzi, Paolo. La casta delle blogstar lo fa da sempre, ogni giorno, in ogni post.
Perché loro sono loro, e noi non siamo un...


16 ottobre 2008

Reti sociali e vetri rotti.

In più occasioni ho riflettuto su come l'esposizione della mia vita sulla Internet, sia attraverso il mio sito che nelle reti sociali a cui sono iscritto (Facebook per ultima ma in questi anni ce ne sono state altre), mi abbia riavvicinato a persone che appartengono al mio passato.

Un passato che, in qualche caso, è divenuto tale perché il tempo scorre e i nodi si allentano fino a sciogliersi. Allora è dolce ritrovare un sorriso che pensavo perduto e invece è ancora lì, solo circondato da qualche ruga in più, ma ancora capace di illuminare una stanza buia e di scaldarmi il cuore con un'abbraccio o un'e-mail.

Altre volte il passato è divenuto tale perché le cose non sono andate bene né come le immaginavo. Un distacco, un litigio. Un'amicizia che finisce e si porta dietro una lunga scia di rancori e rimorsi, che nei giorni e nei mesi si assottiglia, ma senza mai sparire. E' come se un piccolo, costante dolore continuasse a pulsare da qualche parte dentro di me, ricordandomi, giorno dopo giorno, gli errori che ho commesso -- e sono tanti -- ma anche le mancanze che non mi sono state perdonate. Chiamiamola sfortuna. Così, per non cadere nella tentazione di chiamarla ingratitudine.

Nel mio passato ci sono amicizie finite.

Ho più volte cercato di farmene una ragione. Ammettendo di aver sbagliato e che quello era il prezzo da pagare. Cercando di convincermi che la vita non è come un libro o un film dove i sentimenti sono abbastanza forti da vincere su tutto e resistere al maltempo. No: l'amicizia è come un amore e spesso nemmeno dei migliori, non è incondizionata, non è immortale. Un'amicizia può finire, rompersi in mille piccoli pezzi e scivolare in un silenzio ostile.

Ed è da questo passato, vecchio di più di dieci anni, che sono riemersi alcuni amici di allora. Con passo leggero. Con poche, sussurrate parole. Un saluto, un come stai oggi. E con un carico di ricordi. Pesantissimo. Immagini nitidissime, parole che mi sembra di avere appena ascoltato. Gli odori. Quelli, poi. Che se chiudo gli occhi mi sembra di tornare a vent'anni, ad annusare forte la vita e con ancora tutto da fare.

Questo passato mi agita. Mi crea un senso di eccitazione molto diverso dalla malinconia da album di vecchie foto. E' tutto talmente reale. Mi sembra quasi di potermi sporgere e toccare con una mano tutto il mio passato.

Sarei un vigliacco e un bugiardo se maledicessi le reti sociali per avermi mostrato, dopo tanti anni, quelle che un tempo erano amicizie fatte di ore trascorse insieme, racconti, confidenze, sogni e che oggi sono sensazioni incorporee, comunicazioni a distanza, ricordi.

Ma dove vanno le amicizie finite quando non le vediamo più? E cosa succede alle amicizie finite, interrotte, infrante, quando le si incontra sulla propria strada a distanza di anni? Che cosa si può fare: correre loro incontro, accennare un saluto o cambiare strada? E' proprio vero, come cantava Enrico Ruggeri, che non s'aggiusta un vetro rotto in due? Oppure, come è umano sperare, avrò ancora una chance di rimettere insieme un'amicizia che, per un gesto sbagliato, è caduta andando in pezzi?

Voglio sperare.

Voglio che almeno un po' di quelle speranze, che riempivano la mia vita di ventenne e il mio cuore di amico pronto a tutto, tornino a pulsare forte dentro di me e spingano la mia mano tesa, con un gesto che non chiede perché e non aspetta nulla. Nemmeno che un'altra mano la stringa.

Sono forte abbastanza per rassegnarmi ad un altro fallimento, a ritrovarmi a contemplare nient'altro che un vetro rotto che non sono stato in grado di aggiustare. Entrerà un po' di freddo. Non potrà essere peggio che contemplarne i pezzi sparsi a terra, senza nemmeno la forza di raccoglierli in un angolo e buttarli via.

15 ottobre 2008

Hey Joe electro-acoustic version (feat. Donato Grassi).



A couple days ago, while checking my FaceBook, I challenged Donato Grassi, aka DDGuitar, to record our version of Hey Joe. Donato, who's a great guitar player and a good friend, accepted to play the guitar with me.

So he came to my crib, had a seat in front of my HandyCam, picked up my Epiphone Les Paul Custom Plus and started kicking ass as usual.

I wouldn't be honest if I wrote that I made my best to play the rhythm with my Ibanez acoustic guitar-- let's say I tried not to do so many mistakes.

Anyway, I hope you'll enjoy this take and post your comment on YouTube. Thanks for watching it!

_______

I would like to thank Donato Grassi for delivering an intense, inspired vibe, and for being a trusted friend. All the best!

12 ottobre 2008

Vorrei la bicicletta e anche pedalare.

Oggi ho fatto un giro per sterrati (parco fluviale san mauro e settimo) con la mia vecchia mountain bike, regalo dei miei genitori per la mia terza media. 1989. Diciannove anni fa, pergiove.

Allora, sta bici non ne vuole sapere di passare a miglior vita. Le ruote girano, i freni frenano (e bene), il cambio cambia (ed è sempre preciso). Però m'ha rotto le palle. Ho la stessa bici da quasi 20 anni, nel frattempo ho cambiato città, fidanzate, stato civile, lavoro, ma lei, niente, è sempre lì. Una gonfiata alle gomme (di allora) e si pedala.

Non morendo spontaneamente né a causa dei miei maltrattamenti, ho deciso che voglio comprare una mountain bike nuova. Punto.

Purtroppo non ne so nulla, ad eccezione di qualche parola gentile confidatami da un commesso di Decathlon. Con questa ignoranza il rischio di fare l'acquisto sbagliato è grosso. Così mi sono detto: chissà se riesco ad imparare le basi delle nuove mountain bike sui 400-500 euro senza diventare membro anziano di qualche MTB forum, ma semplicemente leggendo caratteristiche e prezzi su Internet.

Allora ho guardato TUTTI i siti italiani di vendita di bici. Uno per uno, con pazienza. E sono arrivato ad una conclusione. Sulla rete italiana nulla è fatto peggio e con più approssimazione dei siti di biciclette. Un numero imprecisato di siti è in costruzione o indirizzo non trovato. Quelli che funzionano hanno la sezione prodotti o mountain bike vuota o in costruzione.

I pochi che hanno un catalogo, si dividono in due categorie:
  • quelli che hanno a catalogo 3 bici, senza descrizione, caratteristiche, prezzo né foto (il marketing non esiste in Italia?) e
  • quelli che ne hanno qualcuna di più, con foto microscopiche, caratteristiche non corrette o lacunose, per il prezzo telefonare.
Notare che tutti i siti italiani che ho visitato invano hanno un dominio registrato, .it o .com. Il che dovrebbe sottintendere una minima volontà di utilizzare la rete per vendere. O no? Ma per avere una pagina HTML con scritto in costruzione e i link a Bottecchia e a Giant, resta sulle paginegialle. Mica lo prescrive il dottore di averci il sito internet.

Vabbe' che la bicicletta non è un server o una macchina fotografica, ma se uno vuole farsi un'idea prima di entrare in qualche oscuro negozio di bici dove un irascibile meccanico armato di uno straccio sporco e una chiave inglese ti dice: "le bici in vendita sono qui, guardatele da solo", come fa ad affidarsi alla rete (italiana)?

Cazzi suoi, per dirla tecnicamente. Subentra un'altra rete, la rete sociale. Ma quella vera, fatta di amici con cui hai mangiato una bistecca e non CrazyRider67 su qualche forum di malati che non considera spese sotto i 6000 euro, nemmeno per andare a comprare il giornale il sabato mattina.

Questa contingenza mi fa ripensare, come spesso accade e come se ce ne fosse bisogno, all'arretratezza del web italiano in confronto a quello americano. E ancora una volta mi toccherà chiedere ad un amico fidato, sperando che non appartenga segretamente alla ecrchia dei malati da 6000 euro in su, ed entrare in qualche oscuro negozio per farmi raccontare dall'oste quanto è buono il suo vino.

10 ottobre 2008

Una finestra per vedermi dentro.

Ieri mattina mi è bastato aprire la piccola finestra della mia camera al Best Western di Venezia per vedere rappresentato quello che sento dentro di me: sopra i tetti di tegole malandate, antenne piegate dal vento e comignoli ancora spenti, una nebbia rada ma persistente nascondeva il resto delle cose, quelle più lontane.
Ed è solo verso mezzogiorno che il sole ritorna a splendere.

09 ottobre 2008

Fulvio ed io.

Ho chiesto al mio amico Fulvio, dotato di mezzi tecnici invidiabili, di passare nel suo scanner qualche mia vecchia diapo per il progetto Cars.
Via mail ne è nato uno scambio di battute che ho trasformato in striscia.

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Ovviamente, la possono capire solo i fotografi e quelli che leggono i giornali.
La foto in oggetto, by the way, è questa.


Aggiornamento. Ecco la 124 nella nuova versione, dopo una ripassata in uno scanner degno di questo nome. Grazie, Fulvietu!

08 ottobre 2008

Fulvio Bortolozzo, Olimpia a Trieste.

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Il Circolo Fincantieri Wärtsilä di Trieste presenta la mostra

OLIMPIA
di Fulvio Bortolozzo

Inaugurazione
Mercoledì 15 ottobre 2008
alle ore 18.30 nella Sala Fenice

L'artista sarà presente

03 ottobre 2008

Domani sposi e io fotografo.

Ci ho un minimo di nervoso addosso perché domani all'alba o quasi inizio il mio terzo servizio matrimoniale.

Un paio di giorni fa ho ritratto i colleghi dello staff del Future Centre (le nostre foto appariranno sul sito a breve, credo) e ne ho approfittato per provare il softbox Lastolite Micro Apollo 45.

Usando bene il bilanciamento del bianco, la resa del colore è interessante e nei ritratti rende l'incarnato molto naturale, senza gli eccessi di bianco tipici del flash.

Tuttavia non ne sono pienamente soddisfatto per due motivi: 1. assorbe più luce di quanto mi aspettassi e di quanto descritto nel sito del produttore; 2. non è la pietra filosofale per eliminare i riflessi dalle lenti degli occhiali, ergo: se il soggetto porta gli occhiali, il flash deve essere un po' inclinato verso l'alto.

Pippe mentali a parte, per domani mi organizzerò così:

- backstage, luce ambiente, ISO alti e fill in con Micro Apollo
- cerimonia, luce ambiente, ISO alti, senza uso di flash in chiesa
- gruppi e coppie fuori dalla chiesa: tutto di Micro Apollo, con eventuale SB-600 su treppiede azionato da commander
- reportage sposi: ignoto. Ancora non si sa la meta. Si improvviserà. Vorrei usare due SB-600 su stativi, vediamo se il posto lo consente.

Bene, vado a preparare tutto. Ah, porterò anche questa signora per un po' di sano e vero bianco e nero.

01 ottobre 2008

SoftBox Lastolite Micro Apollo 45.


In vista del prossimo servizio matrimoniale, mi sono dotato di questo simpatico gadget, un diffusore per flash portatili che promette di ammorbidire notevolmente la luce del lampeggiatore evitando le fastidiose ombre sui volti, la pelle lucida e l'eccesso di bianchi in primo piano.


In rete ci sono decine di tutorial DIY per realizzare un diffusore, ma il tempo stringe e ho preferito comprarne uno.

Per montare il Lastolite Micro Apollo sul flash (nel mio caso un Nikon SB-600) è sufficiente incollare con cura tre strisce di velcro adesivo in dotazione al corpo del flash, quindi inserire la lampada nell'apertura del soft box (dotata di elastico).

Ho fatto un paio di prove (non pubblicabili qui) in negozio e conto di farci un po' la mano nei prossimi giorni prima di battezzarlo sabato prossimo.

Questo video spiega come usare un soft box in luce diurna.

30 settembre 2008

OpenUp Quartet, piccolo reportage.

Sabato sera sono andato a sentire il mio amico Roberto Dati che suonava con il suo OpenUp Quartet alla Maison Musique di Rivoli e ne ho approfittato per fare qualche scatto al volo.

clicca per andare al reportage