Ho appena concluso il saggio
Uno bianca e trame nere, di
Antonella Beccaria (Stampa Alternativa, 2007), una lettura breve ma non per questo priva di complessità. L'autrice,
cui va riconosciuto il merito di aver raccolto ed elaborato una quantità notevole di testimonianze, notizie, atti e articoli, cerca di far luce su uno dei più inquietanti misteri della cronaca italiana.
Le rapine della banda della Uno bianca, i cui membri erano cinque poliziotti e un camionista, passano dai caselli autostradali alle banche ai supermercati, con azioni rapide e feroci, senza incertezze. Per anni risulteranno imprendibili, insospettabili. Fino a che altri due poliziotti, grazie ad un buon lavoro investigativo o a una soffiata, cominciarono a capire che i banditi andavano cercati in Questura, tra le facce dei loro colleghi.
Fin qui la cronaca. Ma c'è anche la famosa domanda che venne posta a Roberto Savi: "Che cosa c'è dietro la Uno bianca?" "Dietro la Uno bianca - rispose Savi - ci sono la targa, i fanali e il paraurti".
La risposta non ha convinto tutti e, ovviamente, nemmeno l'autrice.
Come suggerisce il titolo, il volume presenta l'ipotesi secondo la quale la banda della Uno bianca fosse qualcosa di più di un semplice gruppo di malavitosi dediti alle rapine e agli omicidi e che, in particolare, fosse legata ad ambienti della destra eversiva, dei cosiddetti servizi deviati, di organizzazioni
stay behind e, infine, di una quinta colonna della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Si delinea così l'ipotesi suggestiva di una banda armata organizzata militarmente e dedita a seminare terrore e morte, un manipolo di uomini espressione ed emanazione di un potere forte ed occulto, impegnato a mantenere un equilibrio e a contrastare l'ascesa di forze politiche comuniste o filocomuniste.
Un'azione terroristica volta a creare e mantenere un clima simile a quello che la strategia della tensione aveva provocato anni prima con le tante e irrisolte stragi degli innocenti? Un
continuum di azioni efferate che sembravano godere, se non di una connivenza, di una certa protezione da parte delle istituzioni che per prime avrebbero dovuto indagare, scoprire, punire?
Uno bianca e trame nere non offre tuttavia la risposta univoca e definitiva all'interrogativo "Che cosa c'è dietro la Uno bianca?" Offre molte notizie, collegamenti, spiegazioni di avvenimenti complessi, ma non la risposta certa. E forse questo è il suo pregio, l'indice della serietà di questa scrittrice che non si innamora della propria tesi né cede alle facili soluzioni dei "servizi segreti deviati".
Tanto che alle ultime pagine del libro si finisce con l'essere persuasi dalle sardoniche parole di Savi: la targa, il paraurti. Una compagine di balordi , vigliacchi e assassini cresciuti in seno alle istituzioni che uccidevano e depredavano per pagare qualche debito arretrato, permettersi un lusso e sfogare istinti repressi di violenza e di morte.
Il difetto del volume, se così si può dire, di questo saggio è la mancanza di un profilo approfondito (biografia, esperienze, stato di servizio) dei componenti della banda: ad esempio, Eva Mikula, figura comunque centrale in questa storia, appare solo nelle ultime pagine e di lei è fornita una descrizione sommaria che lascia molti interrogativi.
Si tratta comunque di una lettura consigliata per chi vuole ricordare e riflettere su uno dei periodi più bui della storia recente.
Il libro, pubblicato (finalmente) con licenza Creative Commons, può essere acquistato in libreria o
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