08 febbraio 2006

Olimpia a Milano!


Fulvio Bortolozzo da tempo lavora ad Olimpia, un progetto fotografico ambizioso ed interessante sulle trasformazioni del contesto urbano torinese in occasione dei lavori avviati per le Olimpiadi invernali.
Olimpia racconta una città che cambia pelle e che cerca una nuova identità soprattutto nelle sue grandi periferie, un tempo terra di industrie, e oggi meta della nuova edilizia residenziale. E la racconta con uno sguardo neotopografico, quasi distaccato: la riprese in notturna consentono all'autore di riportarci un paesaggio popolato da cose ma non da persone, e ci evita al contempo le superflue e insincere denunce sul disagio urbano.
L'uso del grande formato, la profonda sensibilità (visiva, tecnica, esperienziale) e l'assoluto rigore formale di Bortolozzo, portano l'occhio dello spettatore a cogliere aspetti e dettagli che sovente sfuggono allo sguardo distratto del cittadino che vive e lavora in una città socialmente costruita nel proprio immaginario: così scopriamo come l'insegna del supermercato o la forma di un manufatto contengono e trasmettono una carica umoristica oltreché simbolica.
Dal 15 febbario Olimpia sarà nel posto giusto, una mostra personale presso la galleria Polifemo di Milano.

Dettagli della mostra:

Cosa: Olimpia di Fulvio Bortolozzo
Dove: Polifemo, Fabbrica del Vapore, Via Luigi Nono 7, Milano
Quando: dal 15 febbraio (inaugurazione ore 18) al 28 febbraio 2006.

07 febbraio 2006

Storia di un manico/2.

Seconda parte.

Eravamo rimasti al problema di come tappare i fori già presenti sulla base del manico. Ho rivolto così la domanda agli "amici" nel newsgroup.

La risposta, ampiamente dettagliata, è stata quella di utilizzare la tecnica della spinatura che consiste nell'inserire un cilindretto di legno duro (generalmente faggio, come nella figura sottostante) in un foro, incollando con una colla vinilica e lasciandolo asciugare. A parere di un utente del newsgroup, i due materiali diventano molto solidali ma occorre prestare attenzione al loro grado di stagionatura, per cui consiglia di lasciarli per un po' nello stesso ambiente.

Al Brico Center non ho trovato spine di faggio da 5 mm, ma solo spine generiche (senza indicazioni del legno) per cui ho optato per fare un giro presso qualche falegname per cercare un tondino di acero o di altro legno duro.

L'altro problema riguarda lo spessore del manico. Calibro alla mano, ho potuto constatare che il manico originale della mia Fender è di 3 mm più sottile dello scalloped. Pertanto ho cominciato a vagliare diverse possibili soluzioni per asportare la necessaria uqantità di materiale.
L'immagine seguente illustra, con misure linee indicative, la natura dell'intervento che deve essere effettuato.

Ho chiesto un preventivo ad un liutaio che -- come immaginavo -- ha sparato una cifra piuttosto alta, 50 euro per un lavoro che probabilmente si fa in 2 minuti. Ho deciso di provare qualche alternativa.
L'idea iniziale era di asportare personalmente il materiale utilizzando la levigatrice orbitale con carta a grana grossa.
Nuovamente sul newsgroup mi hanno consigliato di non usare la levigatrice ma piuttosto di chiedere ad un falegname un intervento con la pialla a filo e spessore che dovrebbe lavorare con una tolleranza di 2/10 di mm.
Stasera dopp il lavoro sono andato a trovare 3 falegnami nei loro laboratori, esponendo loro il problema, ovvero la necessità di piallare il legno per circa 3 mm.
Uno mi ha detto di no, uno di sì ma non mi ha convinto, il terzo mi ha convinto con una prova pratica (per la serie, Longum iter est per preaecepta, breve et efficax per exempla).
Andiamo per ordine. La pialla a filo e spessore pare che non si possa usare per via della forma del manico. L'alternativa è la sega circolare, che detta così sa di film splatter.
Il falegname n°2 aveva una brutta sega circoalre, piuttosto vecchia e malridotta, che non aveva l'aria di rispettare il decimo di millimetro. Il terzo falegname, un simpatic signore napoletano, ha preso una tavola di faggio e ne ha tagliato una fetta sottile con estrema precisione. E, appunto, mi ha convinto. Cosicché lunedì sera gli porterò il manico con le misure segnate nel legno a pennarello, il che significa che dovrò essere molto preciso a riportare le dimensioni del manico originale su quello scalloped.

Ed è giunto lunedì sera, il 6 febbraio per l'esattezza, a quasi due settimane dall'inizio dei lavori. Sono andato dal falegname come da accordi, e gli ho spiegato, calibro alla mano, che avrei voluto abbassare l'altezza della base del manico fino alla misura di 1 pollice, ovvero 2.54 cm. Con un aiutante ha iniziato per cautela asportando circa un millimetro di materiale con la sega circolare dotata di disco orizzontale. Nuove misure, nuova passata, alla fine siamo arrivati a circa 2.6 mm. Un po' di più per prudenza e per lasciarmi il margine necessario se volessi cartavetrare la superficie. Il risultato? Direi ottimo. Superficie liscissima e parallela, spigoli netti, non una scheggia.

Il passo successivo consiste nel tappare i 4 fori con le spine di acero. Questo aspetto merita un approfondimento. Scrivendo su it.hobby.fai-da-te, ho ricevuto un messaggio da un utente che si è offerto di tornirmi alcune spine di acero (lo stesso legno del manico) tagliate in modo particolare al fine di ridurre al minimo le possibili restrizioni e variazioni del legno. Queste spine andranno inserite nei fori insieme a colla vinilica.
Quindi dovrò particare nuovi fori. Per questa operazione ho dovuto realizzare alcuni lavori preliminari. Innanzitutto ho smontato il manico Fender e ho fatto una sesta su carta, ottenendo la sagoma esatta della base del manico. Ho ritagliato la sesta e l'ho inserita nel neck pocket per accertarmi della precisione. Quindi ho preso un pezzo di carta di spagna, una lamina di ottone spessorata da 2/10 di mm, e ho riportato la sagoma di carta sulla lamina: ho ottenuto una nuova sesta in ottone, ritagliandola con le forbici dal foglio.
L'immagine sottostante illustra un pezzo di carta di spagna.

Ho inserito la sagoma di ottone nel neck pocket e, facendo sporgere la punta delle 4 viti dal body, ho egnato sulla lamina la posizine delle viti e quindi dei fori.
Ho fissato saldamente la sagoma su un pezzo di abete con carta adesiva e con una punta da 3 mm ho praticato 4 fori nei punti precedentemente segnati, ottenendo una guida piuttosto precisa per praticare i 4 nuovi fori del manico.

Infatti basterà posizionare la sagoma sulla base del manico, fissarla con un morsetto o con del nastro di carta e forare il manico in corrispondenza dei 4 buchi presenti sulla sagoma di ottone.

(Fine seconda parte. Continua...)

06 febbraio 2006

Muffe.

Sabato sera ho comprato un pezzo di formaggio al Bennet di Settimo. Domenica sera l'ho aperto ed era coperto di una muffetta color blu cobalto.
Niente di grave, ma credo che il Bennet abbia perso un cliente.
Mpf.

03 febbraio 2006

Storia di un manico/1.

Ecco la prima puntata -- scritta in molte sere -- della miniserie Storia di un manico.
Che cos'ha di straordinario questa storia, che infine parla del restauro di un pezzo di legno?
L'essere, prima di tutto, un restauro partecipativo ovvero portato avanti avvalendosi dei consigli e dell'esperienza di persone che partecipano attivamente alla vita dei newsgroup su Usenet, in particolare:
  1. it.hobby.fai-da-te
  2. it.arti.musica.strumenti.chitarra
Senza i consigli e l'aiuto di alcuni di loro avrei probabilmente iniziato con il piede sbagliato, mentre fino ad ora le cose sono andate bene.
C'è una metafora, un'ambivalenza che mi torna sempre in mente quando cerco informazioni su Usenet e nella Internet in genere: la rete non solo come insieme delle interconnessione tra punti ma come oggetto fisico che si stende con le sue maglie sotto l'equilibrista che cammina su un filo, e senza la quale ogni passo avanti sarebbe un passo verso l'ignoto.

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Prologo

Ho partecipato ad un'asta su Ebay per un manico scalloped. Per chi non lo conoscesse, ne ho parlato in un mio precedente post e comunque, in estrema sintesi, si tratta di una manico la cui tastiera, anziché essere piatta, è stata scavata. Gli scavi hanno una forma arrotondata.

Il principale vantaggio che ho percepito quando ho provato un manico di questo genere (ed in genere è il vantaggio percepito da tutti) è stata la minore (quasi nulla) fatica nella formazione di note e accordi, soprattutto dall dodicesima posizione in avanti, che è molto usata nei solo.
Il motivo risiede in una banale legge fisica: per formare le corde su una tastiera iatta, devo esercitare una certa pressione per schiacciare la corda sulla tastiera fino a che essa si ferma saldamente contro il tasto in metallo.
Un conto è lo sforzo per una singola corda, un altro per un accordo sulle sei corde. Personalmente sento molto il problema anche in seguito ad un trauma distorsivo che ho subito al pollice destro, che mi causa dolori soprattutto nella formazione di barrè. Una tastiera scavata o scalloped, invece, richiede a chi suona una minore pressione sulla corda in quanto, appena la si preme contro il tasto, lo spazio della tastiera scavata aumenta l'angolo di incidenza utile e consente di avere la nota formata esercitando minore pressione.

La storia

Finita la premessa, ho vinto quest'asta per un manico (purtroppo non Fender) su cui è stato eseguito artigianalmente lo scalloping. Ecco la foto dell'asta.


Questa immagine, scattata appena portato il manico a casa, ne mostra stato e caratteristiche. La paletta è parzialmente sverniciata e priva di meccaniche, la tastiera presenta alcune macchie (forse è stata usata senza essere verniciata, così lo sporco è entrato nel legno).


Le foto sotto mostrano lo scalloping moderato sui primi 11 tasti e più profondo a partire dal 12° tasto, e il buono stato del legno.
In generale il manico si è presentato in buona salute, l'acero sembra di qualità accettabile e anche stagionato.

Ecco un close up del dodicesimo tasto.

Iniziano quindi i lavori di restauro del manico, così programmati:
  • sverniciatura completa della paletta
  • foratura paletta per viti delle meccaniche
  • pulizia dei tasti sporchi
  • verniciatura della tastiera
  • verniciatura della paletta
  • applicazione della decal con il logo "Fender Stratocaster"
  • nuova verniciatura della paletta
  • montaggio meccaniche
Per prima cosa, utilizzando carta vetrata 160 e 400 ho asportato lo strato di vernice presente sulla paletta. Questa presentava ancora segni d'uso e pertanto ho proseguito a levigare la superficie scoprendo un bell'acero chiaro.

Quindi ho coperto tutti i tasti in metallo con nastro adesivo in carta, tagliando i bordi in eccesso in modo che solo i tasti rimanessero mascherati. A questo punto con la carta 400 ho pulito pazientemente la superfiecie della tastiera dove erano presenti macchie di sporco.

Dopo l'ultima passata con la grana fina, ho proceduto a praticare i piccoli fori che alloggeranno le viti delle meccaniche.

Quindi ho iniziato a verniciare la paletta e la tastiera utilizzando una vernice acrilica trasparente a spruzzo della Saratoga.

La prima immagine mostra la primissima mano di vernice applicata alla paletta. Il resto del manico è stato mascherato con nastro adesivo in carta.


Ed ecco la prima mano di vernice anche sulla tastiera. Si vedono i tasti coperti da una striscia sottile di carta.

Le strice di carta adesiva hanno salvaguardato i tastini di metallo consentendo di verniciare la tastiera.


Sono presenti ancora segni sul secondo tasto, ma ho preferito evitare di abradere ulteriormente la superficie. L'effetto ora è molto "relic".



Ho passato molte altre mani di vernice fino ad ottenere un effetto lucido uniforme.

Successivamente mi sono occupato dell'aspetto estetico della paletta: il logo "Fender".
Sempre su Ebay ho acquistato da un utente tedesco la decal con il logo pre CBS fatto per la Stratocaster SRV Signature. A parte sono arrivati anche la signature SRV e il logo Custom Baby che non ho utilizzato, e le istruzioni per l'applicazione della decal.

L'applicazione è piuttosto semplice e richiede solo acqua calda, un paio di pinzette e un po' di attenzione: si immerge la decal in acqua per 30 secondi, si toglie la protezione posteriore della decal e la si applica sulla parte desiderata (deve essere verniciata), evitando le bolle d'aria. Con la superfiecie bagnata è possibile spostare delictamente la decal fino alla posizione desiderata.
Dopo circa 12 ore la decal è asciutta e può essere rivernicata. Ecco il risultato dell'applicazione.



Il giorno seguente, assicuratomi dell'asciugatura della decal, ho proceduto ultimando la verniciatura. Con molte mani ho ottenuto un effetto laccato.

La parte posteriore della paletta presenta i fori per le viti delle meccaniche. Su Ebay ho comprato meccaniche in linea non Fender vintage (ma ho visto che si trovano sulle Squier Bullet) perciò ho dovuto praticare nuovi fori. La foto illustra i fori pre esistenti e i segni per i nuovi fori.

Asciugata l'ultima mano di vernice ho potuto montare le meccaniche, assicurando prima gli anelli ferma pioli. Seccome il loro diametro era inferiore ai buchi presenti sulla paletta, li ho avvolti con una strisciolina di nastro adesivo in carta per formare uno spessore, e li ho fermati saldamente nei buchi. Ecco il risulato finito della paletta.

Un'altra inquadratura della paletta.

Anche la tastiera ha un effetto lucido, ma più vintage.

La paletta terminata con le meccaniche montate.

Nelle storie a lieto fine, a questo punto il protagonista avvita il manico al body, monta le corde, e inizia a suonare. Ma questa è un'altra storia, come direbbe Lucarelli.

Infatti, terminato il lavoro, ho provato a montare il manico sul corpo della mia Stratocaster, ma ho scoperto che le cose non sarebbero state così facili. Infatti il manico presenta ancora due problemi da risolvere:
  • il primo è l'altezza di circa 27 mm contro i 24 mm di misura standard, necessari per un montaggio corretto nella neck pocket del body
  • ala base il manico ha già 4 fori per le viti di fissaggio, ma i fori non sono esattamente allineati ai fori del body.
Ho cominciato ad occuparmi del secondo problema trovando una soluzione. Ho acquistato il prodotto Bison Ricostruire Legno, uno stucco bicomponente che si presenta come una pasta modellabile da inserire nel buco da tappare.
Dopo 24 h di essicazione, secondo le istruzioni, la parte trattata è pronta per essere lavorata. Non volendo rischiare di rovinare il prezioso manico, ho iniziato con una tavola di abete giuntato che avevo in garage. Ho praticato alcuni fori con una punta da legno e, attenendomi alle istruzioni, ho tappato i fori con il prodotto Bison, cercando di eliminare la pasta in eccesso.

Dopo un paio di giorni ho limato la superficie della pasta indurita e ho forato, con una punta di diametro inferiore, laddove avevo tappato il foro. Il materiale sembra tenace, e ha resistito bene alla nuova foratura, senza sgretolarsi né cedere.


Non sono tuttavia soddisfatto della resa materica di questo prodotto, che mi sembra asciutto, e fragile, sebbene abbia accettato una vite parker autofilettante. Pertanto ho cominciato a chiedere consigli sul newsgroup di fai da te per avere delucidazioni sul modo più corretto per turare fori nel legno.

(Fine prima parte. Continua...)

Ahi ahi.

Il direttore di France Soir è stato licenziato per aver pubblicato sul quotidiano alcune vignette satiriche sull'islam, e pure l'Indonesia c'è andata giù pesante.
L'altro giorno ho bonariamente preso per i fondelli l'islam e i testimoni di Geova in un solo colpo.
Vuoi vedere che stasera me li trovo davanti alla porta di casa?
Dai, stavo solo scherzando!

01 febbraio 2006

Due testimoni alla mia porta.


E' tardi questa mattina. Sono vestito di tutto punto, nel mio gessato impeccabile e con il cappotto di cachemire, pronto per uscire. Bussano alla porta. Guardo attraverso lo spioncino: fuori ci sono due belle ragazze con i capeli castani. Apro la porta. Sì, sono due ragazze sui 25, ben vestite, occhi truccati, un bel sorriso. La prima parte senza indugi:

Buongiorno, sono contenta di trovarla in casa. Stavo leggendo un versetto della Bibbia e vorremmo leggerlo con lei.

In mano ha una Bibbia, ma io noto subito che a tenerla sono dieci meravigliose unghie fresche di french manicure, che fa più pornostar e meno Testimoni di Geova.

Ora, quando questi indottrinati seccatori vengono a casa a rompere le palle, ci sono due possibilità:
  • la prima è sbatteregli la porta in faccia, ma non è nel mio stile;
  • la seconda è sviarli, confonderli, coglierli in castagna, improvvisando qualunque cosa.
E io scelgo di improvvisare, come in blues. Loro mi danno la base, la solita fottuta base in 12 battute, e io ci suono sopra tutto quello che voglio.

Grazie, ma sono musulmano.
Calmissimo, proprio così: musulmano.

Mi guardano stupite. E qui inizia il dialogo.

Ma musulmano italiano?
Dunque, italiano indica la cittadinanza, musulmano la religione.
Quindi lei non è arabo?
No, sono musulmano italiano e settentrionale da generazioni. Mio padre è musulmano, mio nonno era musulmano, il mio bisnonno...
Di solito conosciamo musulmani, ma sono arabi...
No, io sono italiano. E musulmano.
E conosce la Bibbia?
No. Sono stato educato in scuole coraniche e ho studiato il Corano.

E' sempre una a parlare, quella con la Bibbia in mano. L'altra ascolta, sorride, mostra anche lei fiera la sua manicure. Io sto per scoppiare a ridere ma mantengo inalterata la mia brutta faccia da giocatore di poker.

Che cosa pensa della Bibbia?
Penso che sia una lettura da infedeli. Per voi cristiani lo è il Corano, per noi lo è la Bibbia, da quando il nostro profeta Maometto si è rivelato agli uomini.
E che crede nel messaggio universale della fede?

Sta seguendo un canovaccio. Mi sembra un'operatrice di un call center che per risolvere un problema segue scrupolosamente l'ordine delle domande da porre. Se mi chiedesse Ha installato i filtri ADSL? Ha una porta USB libera? sarebbe la stessa cosa. Non capisce nulla di quello che chiede, ma le hanno detto di chiederlo, e lei lo fa, ubbidiente e mansueta.

E che crede nel messaggio universale della fede?
Io credo che dobbiamo essere sudditi sottomessi di Allah, e obbedire alle sue leggi. Insciallà Shaquil O'Neal Muhammad Alì!

E cosa significa? mi chiedono.
Sia fatta la volontà di Allah e del suo profeta Maometto.

Ma andiamo, Shaquil O'Neal era un giocatore di basket! Ma non vi accorgete che vi sto rpendendo per il culo?

A questo punto sono un cane sciolto, posso dire quello che voglio.

Immagino che anche a lei stiano a cuore i grandi problemi del mondo, mi dice la femmina parlante. Ma che caspita significa? Quali sono questi grandi problemi? La sua messa in piega che si rovina con l'umido o la guerra in Liberia? Lei dice cazzate? Avrà quello che merita: altre cazzate.

Sì, mi sta molto a cuore la situazione in Medio Oriente. Ma adesso, grazie alla nostra vittoria in Palestina e al supporto della grande repubblica iraniana, potremo riprenderci le terre che Israele ci ha sottratto. Sì. Le nostre fottute terre.

Mi guarda visibilmente disorientata. Sono certo che non sappiano nemmeno dov'è Israele e cos'è Hamas e quanto fa 2+2. Povere sciocchine indottrinate.

Certo, mi dice, le terre...

E poi il gran finale:

Ma lei crede nella famiglia?
Le ricordo che a noi musulmani è consentito avere quattro mogli. Più uniti di così! Però ora videvo lasciare, stavo scaricando un film da Internet...
Allora possiamo ripassare, magari in serata?Ma certo, siete le benvenute. Ma in serata. Durante il giorno sono spesso occupato. Devo pregare. Cinque volte al giorno devo pregare Allah. In direzione della Mecca. Da qui devo pregare in direzione di Chivasso. Tra Brandizzo e Chivasso, per la precisione. Arrivederci.

26 gennaio 2006

Trovate le differenze!

La soluzione in fondo alla pagina.

Disegno 1.


Disegno 2.







Soluzione: con Telecom Italia si portava appresso una bella figa, con Fastweb no.

Ambasciatori di un mondo che c'è.

Il mio amico Piero inaugura la sua prima personale di fotografia a Torino e, per farci capire che è persona seria e profonda, ci evita (mai troppo grati!) reportage in Africa e scene di disagio urbano.
Il tentativo è ben più coraggioso: raccontare il confine sottile tra malattia e salute nei visi e nei corpi di persone che convivono con il morbo di Parkinson. Curatore il grande Bortolozzo senza il quale Torino non avrebbe memoria di sé, e tante altre cose.

Quando: martedì 31 gennaio prossimo dalle ore 20:00 (fino a sabato 4 marzo)
Dove: Magazzino di Gilgamesh di piazza Moncenisio 13/b (zona Campidoglio, via Cibrario), Torino

23 gennaio 2006

[Cantine.org] Gwen Gift - The Consciousness To Be Alive.

60 anni in tre: è il primo dato che mi ha piacevolmente colpito dei Gwen Gift. Ma le sorprese sono appena incominciate. Innanzitutto, il CD è prodotto e confezionato con cura e professionalità, segno di un impegno notevole da parte della band. Che fa una scelta coraggiosa e anticonformista, in barba al fuoco dei vent’anni: registrare un album interamente acustico: voce, chitarra, basso e tastiera.

Il risultato è un insieme di sonorità semplici e delicate che accompagnano le 15 tracce di The consciousness to be alive, e che portano alla mente i Kings of Convenience.

I suoni sono puliti e semplici, ma sempre eseguiti con grande cura e precisione. Solo talvolta le parti di chitarra risultano un po’ scontate e ripetute, ma è un peccato veniale. Jacopo Ramonda mostra padronanza tecnica e capacità espressiva discrete, se non buone, e ben lo accompagnano gli altri componenti del gruppo. Deffailances più frequenti si incontrano invece nelle parti vocali, non sempre perfettamente intonate quando la linea melodica richiede una maggiore estensione. I testi sono scritti in italiano e in inglese: personalmente avrei preferito la prima opzione, ma il gruppo capitanato da Jacopo Ramonda sembrerebbe propendere per la seconda.

The consciousness to be alive si rivela un piacevole ascolto e un lavoro di notevole interesse, e fa ben sperare in un futuro del gruppo che sembra aver trovato una propria identità distinta e diversa dai tanti gruppi nati sulla scia del grunge e del punk. La strada è segnata: ora si deve proseguire.


Una curiosità. Ai primi ascolti del CD dei Gwen Gift, ho avuto la netta sensazione che i ragazzi avrebbero fatto strada. Nel loro sito (da poco online) è apparsa la notizia secondo la quale il gruppo sta registrando 15 nuovi pezzi sotto la guida del produttore William Benedetti. Ma c’è un piccolo mistero: i tre ragazzi utilizzando pseudonimi (Joey Z. – Vocals, Mr. Key – Guitar, C. Key - Drums) e tanto la line up quanto il genere musicale sembrano mutati.

19 gennaio 2006

[Cantine.org] Roccaforte - Parole mai dette.


Recensione pubblicata su Cantine.

E' un lavoro professionale e gradevole, questo recente CD dei Roccaforte, gruppo piemontese nato intorno alle figure di Fabio Serra (chitarre) e Bruno Borello (basso e chitarre). Parole mai dette ha sonorità rock talvolta anche piuttosto dure senza mai abbandonare una vena romantica, quasi cantautoriale. Si apprezza da subito la presenza della voce di Simone Bigliani (recente acquisto della band) dotato di una buona estensione e controllo del vibrato: talvolta il suo timbro si avvicina molto a quello del mostro sacro della canzone italiana, Al Bano Carrisi.

Essenziale al sound dei Roccaforte è il contributo delle chitarre di Fabio Serra, musicista versatile che affianca alle ritmiche pop un'anima shredder e dà il meglio di sé nei riff veloci e nei soli, costruiti su fraseggi mai privi di senso. Aggiungono energia il batterista Simone Villati con un uso generoso della doppia cassa, l'intervento delle tastiere, ed il basso preciso e compatto; la registrazione del demo privilegia i volumi di voce e chitarra mettendo un po' sullo sfondo il lavoro della sezione ritimca.

Tanto il suono quanto i testi dei Roccaforte sono convincenti e fanno onore alla fatica compositiva del gruppo, la cui potenza fa immaginare buoni risultati in performance dal vivo. I Roccaforte hanno un sito tenuto in costante aggiornamento e ricco di contenuti multimediali da scaricare.



tracce

  1. Intro
  2. Irraggiungibilmente liberi
  3. Vai
  4. Parole mai dette
  5. Gli occhi di un'altra lei
  6. Giubbotto in pelle nera
  7. Volo libero (strumentale)
  8. Vetrine
  9. In mezzo al niente
  10. Ritratto di te
  11. La dolce età
  12. L'aquilone