01 gennaio 2006

[Cantine.org] Slick – Paradiso elettrico.

Recensione pubblicata su Cantine.

Il gruppo, di recente formazione (2003), si muove intorno alla figura del cantante e chitarrista Stefano Ferrari. Paradiso elettrico, un mini CD con 3 tracce (scaricabili dal sito), si apre con l’intro Retrò, un bel mix di chitarra classica e viola, che stupisce per la semplicità, l’efficacia e la pulizia.
Le altre due canzoni mostrano invece l’anima rock degli Slick, con chitarre sporche e dalla grana grossa, batteria precisa, e una voce che convince grazie anche alla presenza dei cori su alcune parti vocali. Sono evidenti le influenze sonore tanto del brit rock quanto della scena rock piemontese (Mambassa, Subsonica, Marlene Kuntz).
I testi, orecchiabili e immediati, mostrano una certa maturità a livello compositivo e strutturale, con l’utilizzo del collaudato schema strofa-ritornello-strofa.
Con Paradiso elettrico gli Slick portano in musica un piccolo affresco della quotidianità, privo degli ermetismi e degli eccessi spesso insinceri di chi inizia a fare rock.

Tracce

1. Retrò (0:50)
2. Paradiso Elettrico (3:34)
3. Polvere (3:34)

Formazione

Sté - Chitarra e Voce
Andre - Batteria e Viola
Bobo - Chitarra
Diego - Basso e Cori

29 dicembre 2005

Il vecchio e il mare.

Ciao, Gian.
Che dalle barche in secca ti chiamavano Gian Cuniggiu per quel tuo camminare col collo piegato e il sole che ti tramontava alle spalle, quel sole che ti faceva la pelle colore del cuoio e così piena di rughe.
Ma io me lo ricordo quando mi portavi in barca a pescare coi palamiti. Si partiva all'alba e nel gozzo portavi la focaccia e le N80. Avrò avuto diec'anni e me ne stavo buono a prua a guardare l'acqua e la terra che si faceva lontana. Dove il campanile tocca il ponte dell'Aurelia, lì c'erano i tuoi palamiti pieni di saraghi e occhiate.
Tirando il pesce in barca, avevi per me un sorriso.
Poi, verso Capo Pino fermavi il gozzo e scendevi sugli scogli a staccare i ricci, per farci il sugo.
Si tornava alla spiaggia che era ancora presto e c'erano solo i vecchi e forse il bagnino: pieno d'orgoglio, ti camminavo accanto.

28 dicembre 2005

Le conseguenze dell'amore.


L'altra sera ho affittato il DVD de Le conseguenze dell'amore, di cui mi era stato parlato molto bene.
Non è un film facile da vedere così come deve essere stato piuttosto difficile girarlo. Tutta la storia, poverissima di dialoghi, si regge su una sceneggiatura davvero granitica che ha lo scopo di svelare, con estrema lentezza e parsimonia, i tasselli di un mosaico complesso.
Titta di Girolamo, un indifferente moraviano, vive da anni solo e segregato in un anonimo albergo svizzero. Ogni tanto deposita cifre da capogiro in una banca. Lo spettatore dovrà attendere molto tempo prima di capire chi è veramente quell'oscuro, silenzioso e anaffettivo commercialista che trascorre le giornate a fumare e osservare le persone che incontra, pur tuttavia senza concedersi la minima confidenza. Sarà solo la perseveranza di una bella cameriera a mitigare la durezza del suo animo e a fargli riscoprire il tepore di un sentimento. Il finale, seppure tragico, lascia entrare un raggio di speranza in questo film dalle tinte buie.
Il film è tutto giocato, come detto, sulla sceneggiatura, sulle inquadrature (azzeccatissime), sulla fotografia fredda e chiaroscurale e sulla mimica del bravissimo Toni Servillo.

E' un film angosciante, claustrofobico ma girato con maestria dal giovane Paolo Sorrentino. La fotografia, quasi tutta in interni, è davvero di grande qualità, con un uso sapiente dell'illuminazione artificiale e delle penombre.

22 dicembre 2005

Tanti auguri nel cestino.


Sia chiaro: anche questo Natale, esattamente come lo scorso, cancellerò tutti gli SMS e tutte le e-mail di auguri preconfezionati che riceverò. Se credete di fare poca un bel gesto a scrivere una frase idiota e inviarla uguale a tutta la rubrica, con me risparmiatevelo pure.

21 dicembre 2005

Una Strato senza fatica.


Ieri ho provato la Strato con la tastiera scalloped. Quella che usa Malmsteen. La sensazione è straordinaria: basta appoggiare le dita sulle corde per ottenere la nota, praticamente senza dover esercitare pressione vicino ai tasti. Bisogna prenderci la mano, ma tirati vengono che è una meraviglia: precisi, intonati, senza sforzo.
Mi chiedo: ma perché non le fanno tutte così?

20 dicembre 2005

15 dicembre 2005

La famosa gara delle luminarie natalizie di Settimo Torinese.

Christmas time anche a Settimo Torinese, e i miei impareggiabili vicini di casa non si sono lasciati scappare la ghiotta occasione per dimostrare che in certe cose loro sono i migliori. Nelle luminarie di Natale, ad esempio. Io credo che abbiano ingaggiato una specie di guerra con un nemico immaginario o invisibile, e che vogliano vincerla a tutti i costi: avere le luci più grandi e pacchiane di tutto l'hinterland torinese.
Utilizzando rigorosamente allacci abusivi e collegamenti elettrici molto lontani dalle norme di sicurezza, i prodi settimesi di Borgonuovo hanno allestito una festosa e appariscente illuminazione che non ha risparmiato abeti, davanzali e ringhiere.
Pare che l'altra notte, un Fokker decollato dall'aeroporto di Caselle in condizioni di visibilità scarse, abbia scambiato il mio condominio per il sentiero luminoso della pista di atterraggio, e abbia tentato una manovra di emergenza sulla veranda della Sig.ra Pinuccia, riuscendo a scansarla all'ultimo secondo.


Ma non c'è battaglia senza vincitori. Quindi veniamo ai fatti. Ecco i migliori dell'edizione Natale 2005.
3° classificato il Sig. Antonino del 3° piano, con una batteria di sei pupazzi di Babbo Natale arrampicantisi al bordo della veranda (abusiva e condonata) con le loro scalette luminose da 350 W. I pupazzi sono sistemati in modo da sembrare agenti della SWAT nell'atto di infiltrarsi in un covo di terroristi.
2° classificato i coniugi Pasquale e Concettina del 5° piano con una complicata combinazione di lampadine ad intermittenza. I filari luminosi, che partono dall'abete del giardino e risalgono la canna fumaria fino ad un'altezza di 20 m, rappresentano un'immagine stilizzata ma realistica del calciatore Totò Schillaci nell'atto di segnare un goal con la maglia bianconera.
1° classificato e segnalazione della protezione civile il Sig. Crocifisso del 4° piano, autore di una enorme scritta luminosa occupante tutta la facciata nord del condominio per un'estensione di 24 m e un consumo di 4 kW. La complessa struttura a lettere alternate consente di leggere ad intervalli le seguenti frasi:

T A N T I A U G U R I D I B U O N N A T A L E


M I N C H I A Z I O F A F O R Z A J U V E !!!

14 dicembre 2005

Denti.


Ieri il dentista mi ha consegnato la mia nuova placca di svincolo detta altresì bite. Assomiglia al paradenti da pugile. Mi ricorda quando ero bambino e portavo l'apparecchio mobile, ma privo dei ferretti di sostegno.
Perché ho pensato bene di spendere quei 300 euro per farmi fare un disgustoso oggetto di resina che lascia la bocca indolenzita e riarsa quando lo levo al mattino? Perché durante la notte digrigno i denti. Digrigno rumorosamente e pericolosamente i denti. Quest'estate ho rotto l'angolo di un incisivo. E allora ecco il morso di plastica. Di notte consumo il bite e salvo i denti.
Secondo la psicanalisi freudiana, digrignare i denti durante il sonno -- al pari del rosicchiarsi le unghie -- è un meccanismo di repressione della propria aggressività.
La metafora è che i denti e le unghie sono tutto ciò che resta della nostra natura ferina e selvaggia, gli strumenti con cui un tempo i nostri antenati attaccavano, si difendevano, si procacciavano il cibo. Tutto questo prima dell'invenzione degli avvocati e degli ipermercati Auchan.
Così, distruggere inconsciamente queste armi equivale a tenere a bada quel che resta della nostra natura aggressiva. Certo, per sistemare una questione di parcheggi a Mirafiori sud c'è sempre il crick, ma tant'è.
Semplificando un po' le cose, sono tutti d'accordo nel sostenere che chi digrigna i denti scarica nel sonno -- momento incoscente -- frustrazioni e nervosismi. Allora il morso di resina è solo un tampone, un palliativo momentaneo, non la soluzione al problema. E' come l'airbag quando si va a sbattere contro un palo: riduce il danno ma non elimina la causa.

13 dicembre 2005

[Cantine.org] Hand Rolling - City of Angels.

Recensione pubblicata su Cantine.

La formazione degli Hand Rolling si presenta con il demo City of Angels del 2003 che raccoglie cinque pezzi originali; nella nota biografica, i quattro ragazzi dichiarano un debito nei confronti della scena di grunge di Seattle. Già i primi secondi di ascolto confermano le influenze di Pearl Jam e Soundgarden, tanto nelle parti strumentali che in quelle vocali.
Bene la sezione ritmica, contraddistinta da una batteria piuttosto precisa; pulite ma meno convincenti le chitarre che formano comunque una linea melodica chiara e piacevole, alternando ritmiche ad arpeggi. Come in buona parte della produzione grunge dei '90, si sente a tratti la mancanza di un intervento solista delle chitarre in grado di spezzare la struttura del brano. La voce, con forti debiti nei confronti di Eddie Vedder, è quasi sempre precisa, ben controllata e con una discreta presenza che fa perdonare la pronuncia e la sintassi non impeccabili dei testi in inglese: questo peccato veniale mi ha fatto meditare su una possibile "via italiana" del combo, sulla scia di formazioni come i Marlene Kuntz.
Gli arrangiamenti sono onesti e ben strutturati anche se a tratti sembra emergere una immaturità compositiva. Non tutte le idee vengono sviluppate appieno lasciando qua e là nell'ascoltatore una sensazione di pensiero sospeso, che l'esperienza di un produttore saprebbe limare
La registrazione del CD è curata e di buon livello sia per la voce che per gli strumenti, dei quali si apprezza un uso maturo degli effetti. Anche il packaging ha un aspetto professionale.
L'ascolto di City of Angels, nonostante alcuni aspetti da migliorare, si rivela piacevole ed interessante. Gli Hand Rolling hanno anche un sito web.

06 dicembre 2005

Full(vio) Duplex.


Al Soundtown di Torino fino al 23 dicembre c'è Duplex, la mostra personale di Fulvio Bortolozzo. Io l'ho vista ieri sera e posso solo dire a chi legge di alzare le chiappette e andare a vederla perché ne vale la pena.
Tra l'altro è uno degli ultimissimi lavori di Fulvio, fatto in piccolo formato (poi è passato al 10x12), non legato al paesaggio urbano e che tenta di costruire nuovi significati partendo dall'ambiguità delle immagini.