18 ottobre 2005

Il pickguard che vorrei/2.


Fatto in fretta e furia, ma il concetto è questo, con selettore tipo Gibson anziché Fender. Il potenziometro del tono incorpora uno switch push-push per splittare l'humbucker in posizione neck.

17 ottobre 2005

Al voto, al voto.


Abbiamo votato in 4 milioni. Abbiamo firmato il Manifesto dell'Unione. Abbiamo dato qualche monetina (che, moltiplicato per 4 milioni, è una cifra interessante). Il nostro voto è servito per indicare chi vorremmo come candidato per un governo di centro sinistra. Adesso spero che il nostro gesto si traduca in un programma di governo e non nella consueta propaganda "contro le destre" che, alla fine, si rivela povera di idee e misera di fatti.

14 ottobre 2005

Asini, asini, asini.

La Stampa di oggi, pagina 2. Dialettica da stadio dopo l'approvazione della legge elettorale. Fin qui nulla di nuovo. A raschiare il fondo bisunto del barile ci pensano Flavia Amabile, che firma l'articolo, e (presumibilmente) il caporedattore.

Sottotitolo dell'articolo:

Solo Carlucci e Bertolini esultano: a noi ci difende Silvio.

Tre grossi errori in una sola riga:
Primo: difendere è un verbo transitivo. Si dice "Silvio difende qualcuno", non "a qualcuno".
Secondo: a noi ci è un pleonasmo, qui aggravato dal fatto che c'è un'incertezza nel tipo di complemento utilizzato.
Terzo: per definizione, quel Silvio non ha alcuna intenzione di estendere il concetto di difesa al di fuori dei suoi interessi personali, delle sue aziende e, al limite, dei suoi scagnozzi.

Poco importa, ora, sapere a chi attribuire la frase, se alle deputate in questione (la prima un avanzo da avanspettacolo) o alla giornalista.

Il quarto, imperdonabile errore sarebbe spendere altri 90 centesimi per comprare ancora La Stampa.

13 ottobre 2005

Perché la notte/2.


Torino era per me, bambino, Quattroruote con le prove della Regata e il centro commerciale Città mercato di Rivoli, che vedevo dalla tangenziale mentre mio padre guidava verso la casa in montagna.

Torino ora è un po' questo. Le foto su Quattoruote sono diventate immagini ricorrenti. La Città mercato ora si chiama Auchan, e non deve essere mio padre al volante per arrivarci.

La notte a Torino nord sono i tecnici Fiat e Iveco che collaudano veicoli camuffati con vistose coperture di plastica nera, e segnano appunti ai semafori. Ecco le mie riviste che diventano realtà.

La notte a Torino nord sono i venditori ambulanti di panini e i crocicchi improbabili e vagamente disperati di clienti assembrati intorno alle luci alimentate dal generatore. La notte a Torino nord è spesso immagine che finisce in pellicola, quando cammino con le Nikon a tracolla e il tripode in mano, in cerca di un angolo che non dica niente di niente ma che sia qualcosa che, semplicemente, è.

La notte rientro a casa. Sento la TV accesa della vicina insonne, qualche auto che attraversa la periferia addormentata, il fuscio della mia solitudine.

Non è facile dare la buonanotte alla propria ansia.

12 ottobre 2005

Il progetto prende forma.

Ho trovato da Voodoofactory di Torino questo bell'oggetto:

Cosa più importante, Vodoofactory è anche un laboratorio di liuteria.
Ovvero: io farò i disegni a matita sul retro del pickguard per indicare dove vorrei slot per pickup e buchi per potenziometri e selettore. Loro, con la fresa, faranno il lavoro di precisione.

Ed ecco come dovrebbe essere la configurazione finale:
  • Ponte: minihumbucker Seymour Duncan Vintage Rails, non splittabile
  • Manico: minihumbucker tipo Hot Rails, splittabile (lo split sarà un push/push integrato nel potenziometro del tono)
  • 1 volume
  • 1 tono (con push/push)
  • 1 selettore a 3 posizioni (N- B - N+B) tipo Les Paul

11 ottobre 2005

Perché la notte.

La notte comincia con una cena preparata in fretta mentre faccio zapping fra 7 telegiornali identici che dicono notizie identiche e hanno identici servizi sui vini del Monferrato. La notte prosegue Distretto di Polizia 5, e la celebre battuta: "A Robe', e che me ponno fa'?". E poi via, una televendita dietro l'altra, e telefoni erotici, numeri del lotto, consulti cartomantici, mobilifici di periferia.
Perché la notte...

La notte è solitudine, silenzio rotto dal fischio lontano dei treni, dalla televisione dei vicini che ridono ad ogni pubblicità. La notte è ansia del giorno seguente. La notte è ansia e dolore.
La notte è freddo contro i vetri che mostranoauto in corsa, nebbia e luci gialle.
Perché la notte...

Ma la notte è anche stupore, la notte è luce e colore da inseguire con sguardo aggraziato, complice, privo di malizia. La notte è silenzio per pensare e per leggere. La notte è tre corsie per correre e semafori che lampeggiano agli incroci. La notte è una birra fresca bevuta con un amico.
Perché la notte.

04 ottobre 2005

Il pickguard che vorrei.

La mia Strato presto avrà un nuovo mini humbucker single coil sized che sostituirà il single coil originale in posizione neck e farà il paio con il Vintage Rails al ponte.
Così la configurazione passerà dall'attuale H-S-S alla nuova H-S-H. Con un problema: a me del single coil centrale non importa proprio niente. Non lo uso mai, neanche in combinazione con neck o bridge, così l'ho abbassato a filo del pickguard, e se ne sta lì, inutile e inattivo.

Mi piacerebbe un pickguard diverso, più pulito, e privo dell'alloggiamento centrale: solo due slot single coil dove mettere i miei mini humbucker. E poi, quel potenziometro del volume... La posizione non mi piace, è un attimo abbassarlo per errore. Basterebbero un potenziometro splittabile (H-S) per il volume in posizione arretrata e uno per i toni in basso.

Insomma, una cosa così:
Purtroppo già fatto non esiste. Lo si può avere su ordinazione dal Paradiso dei pickguard, ma la spesa sarebbe eccessiva. Siccome non ho trovato modelli già fatti, i casi sono due:
  • ho avuto un'idea geniale
  • ho avuto un'idea cretina.
L'esperienza, ahimé, mi suggerisce la seconda.

Morire di calcio ovvero Preziosi vattene!

Foto: merateonline.it

Altro che campagna anti-Fazio di Beppe Grillo: qui ci vuole una campagna anti-Preziosi! Non contento di aver spedito il Genoa in serie C1 facendosi intercettare come un cretino ("Ma che fate, avete segnato?? Io ho pagato!!"), litiga con il Professore, l'orgoglio dei genoani, e quello ci lascia le penne in diretta TV.

03 ottobre 2005

Perché Roma.

Con questo articolo si conclude la trilogia delle città sull'acqua (Amsterdam, Genova, Roma)


Poco dopo Grosseto, i pini marittimi ai bordi dell'Aurelia diventano una presenza importante, maestosa. E' questo il primo segno che si sta per arrivare a Roma. E poi il vento: abbassando il finestrino dell'auto dopo ore di autostrada e traffico, entra un vento leggero che sa di mare.


Roma non è sul mare. Per vedere il mare c'è Ostia con le sue pinete e le strade dai nomi nuovi, inconsueti: Via Polinesia, Via Molucche. Ma Roma è sull'acqua e l'acqua è una presenza costante, quasi a significare lo scorrere del tempo: un fluire lento come quello del Tevere e dell'Aniene o creativo, come l'acqua dalle mille fontane di Roma.


C'è un'altra corrente che attraversa la città: è la sua gente. A me piace ascotare quello che dice la gente, mi piace passare accanto alle persone, lentamente, e cercare di carpirne i discorsi. La parola Roma è frequente, quasi una necessaria autoaffermazione di chi la abita. Un'affermazione, a volte un po' gridata, dell'essere romani, ovvero parte della storia fondante d'Italia, che piaccia o no.

E allora è facile imbattersi in modi di dire e in scritte che hanno fatto della romanità una religione laica e divertita, che ha i suoi sacerdoti nelle guardie del corpo che aspettano appoggiate alle Mercedes, nei coatti che sfrecciano in scooter, nei commercianti abbronzati del centro.

Ma il cielo è sereno, e tutto si sopporta meglio, soprattutto il traffico. C'è quest'aria fresca che alleggersice tutto, rende i passi più sereni, spensierati.

L'acqua scorre anche dal cielo: una pioggerellina fitta prende il posto del blu del cielo, e scende sottile ma tenace. Di passo in passo, recito - per quel che ricordo - i versi di D'Annunzio:

piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri

27 settembre 2005

Per le strade di Genova.

C'è qualcosa a Genova che altrove non c'è. No, non è solo il mare, sarebbe troppo facile, basterebbe andare a Rimini.

Si cammina con lentezza, la testa fra le nuvole, lungo i marciapedi del porto antico. E' un crocevia di genti, ciascuno con i propri pensieri. L'aria sa di vento e il vento di mare.


Per le vie, si fa festa tra corpi urbani e corpi danzanti.

Mi sento come quest'illusionista, sospeso a mezz'aria con la voglia di spiccare il volo e la paura di non sentire la terra sotto i piedi. Genova, per me migrante e pellegrino, è anche questo.

Ci si ritrova stretti tra la strada piena di auto in corsa e il mare che pare fermo, come morto, ma nelle sue acque scure è vivo.


C'è un posto, a Genova, con una grande terrazza sul mare: le onde non le puoi sentire perché si affaccia sul porto. Ma si sente il resto: il vociare della gente seduta ai tavoli, il rumore dei cantieri navali, le auto che scorrono sulla sopraelevata.

Nonostante sia una sera di fine settembre, l'aria è ancora tiepida, umida di mare. Si potrebbe camminare per sempre, senza arrivare da nessuna parte.

Poco sopra, da Banchi a Soziglia fino ai Macelli, i caruggi si riempiono di passi e discorsi. La notte di Genova non spaventa più nessuno.