14 ottobre 2005

Asini, asini, asini.

La Stampa di oggi, pagina 2. Dialettica da stadio dopo l'approvazione della legge elettorale. Fin qui nulla di nuovo. A raschiare il fondo bisunto del barile ci pensano Flavia Amabile, che firma l'articolo, e (presumibilmente) il caporedattore.

Sottotitolo dell'articolo:

Solo Carlucci e Bertolini esultano: a noi ci difende Silvio.

Tre grossi errori in una sola riga:
Primo: difendere è un verbo transitivo. Si dice "Silvio difende qualcuno", non "a qualcuno".
Secondo: a noi ci è un pleonasmo, qui aggravato dal fatto che c'è un'incertezza nel tipo di complemento utilizzato.
Terzo: per definizione, quel Silvio non ha alcuna intenzione di estendere il concetto di difesa al di fuori dei suoi interessi personali, delle sue aziende e, al limite, dei suoi scagnozzi.

Poco importa, ora, sapere a chi attribuire la frase, se alle deputate in questione (la prima un avanzo da avanspettacolo) o alla giornalista.

Il quarto, imperdonabile errore sarebbe spendere altri 90 centesimi per comprare ancora La Stampa.

13 ottobre 2005

Perché la notte/2.


Torino era per me, bambino, Quattroruote con le prove della Regata e il centro commerciale Città mercato di Rivoli, che vedevo dalla tangenziale mentre mio padre guidava verso la casa in montagna.

Torino ora è un po' questo. Le foto su Quattoruote sono diventate immagini ricorrenti. La Città mercato ora si chiama Auchan, e non deve essere mio padre al volante per arrivarci.

La notte a Torino nord sono i tecnici Fiat e Iveco che collaudano veicoli camuffati con vistose coperture di plastica nera, e segnano appunti ai semafori. Ecco le mie riviste che diventano realtà.

La notte a Torino nord sono i venditori ambulanti di panini e i crocicchi improbabili e vagamente disperati di clienti assembrati intorno alle luci alimentate dal generatore. La notte a Torino nord è spesso immagine che finisce in pellicola, quando cammino con le Nikon a tracolla e il tripode in mano, in cerca di un angolo che non dica niente di niente ma che sia qualcosa che, semplicemente, è.

La notte rientro a casa. Sento la TV accesa della vicina insonne, qualche auto che attraversa la periferia addormentata, il fuscio della mia solitudine.

Non è facile dare la buonanotte alla propria ansia.

12 ottobre 2005

Il progetto prende forma.

Ho trovato da Voodoofactory di Torino questo bell'oggetto:

Cosa più importante, Vodoofactory è anche un laboratorio di liuteria.
Ovvero: io farò i disegni a matita sul retro del pickguard per indicare dove vorrei slot per pickup e buchi per potenziometri e selettore. Loro, con la fresa, faranno il lavoro di precisione.

Ed ecco come dovrebbe essere la configurazione finale:
  • Ponte: minihumbucker Seymour Duncan Vintage Rails, non splittabile
  • Manico: minihumbucker tipo Hot Rails, splittabile (lo split sarà un push/push integrato nel potenziometro del tono)
  • 1 volume
  • 1 tono (con push/push)
  • 1 selettore a 3 posizioni (N- B - N+B) tipo Les Paul

11 ottobre 2005

Perché la notte.

La notte comincia con una cena preparata in fretta mentre faccio zapping fra 7 telegiornali identici che dicono notizie identiche e hanno identici servizi sui vini del Monferrato. La notte prosegue Distretto di Polizia 5, e la celebre battuta: "A Robe', e che me ponno fa'?". E poi via, una televendita dietro l'altra, e telefoni erotici, numeri del lotto, consulti cartomantici, mobilifici di periferia.
Perché la notte...

La notte è solitudine, silenzio rotto dal fischio lontano dei treni, dalla televisione dei vicini che ridono ad ogni pubblicità. La notte è ansia del giorno seguente. La notte è ansia e dolore.
La notte è freddo contro i vetri che mostranoauto in corsa, nebbia e luci gialle.
Perché la notte...

Ma la notte è anche stupore, la notte è luce e colore da inseguire con sguardo aggraziato, complice, privo di malizia. La notte è silenzio per pensare e per leggere. La notte è tre corsie per correre e semafori che lampeggiano agli incroci. La notte è una birra fresca bevuta con un amico.
Perché la notte.

04 ottobre 2005

Il pickguard che vorrei.

La mia Strato presto avrà un nuovo mini humbucker single coil sized che sostituirà il single coil originale in posizione neck e farà il paio con il Vintage Rails al ponte.
Così la configurazione passerà dall'attuale H-S-S alla nuova H-S-H. Con un problema: a me del single coil centrale non importa proprio niente. Non lo uso mai, neanche in combinazione con neck o bridge, così l'ho abbassato a filo del pickguard, e se ne sta lì, inutile e inattivo.

Mi piacerebbe un pickguard diverso, più pulito, e privo dell'alloggiamento centrale: solo due slot single coil dove mettere i miei mini humbucker. E poi, quel potenziometro del volume... La posizione non mi piace, è un attimo abbassarlo per errore. Basterebbero un potenziometro splittabile (H-S) per il volume in posizione arretrata e uno per i toni in basso.

Insomma, una cosa così:
Purtroppo già fatto non esiste. Lo si può avere su ordinazione dal Paradiso dei pickguard, ma la spesa sarebbe eccessiva. Siccome non ho trovato modelli già fatti, i casi sono due:
  • ho avuto un'idea geniale
  • ho avuto un'idea cretina.
L'esperienza, ahimé, mi suggerisce la seconda.

Morire di calcio ovvero Preziosi vattene!

Foto: merateonline.it

Altro che campagna anti-Fazio di Beppe Grillo: qui ci vuole una campagna anti-Preziosi! Non contento di aver spedito il Genoa in serie C1 facendosi intercettare come un cretino ("Ma che fate, avete segnato?? Io ho pagato!!"), litiga con il Professore, l'orgoglio dei genoani, e quello ci lascia le penne in diretta TV.

03 ottobre 2005

Perché Roma.

Con questo articolo si conclude la trilogia delle città sull'acqua (Amsterdam, Genova, Roma)


Poco dopo Grosseto, i pini marittimi ai bordi dell'Aurelia diventano una presenza importante, maestosa. E' questo il primo segno che si sta per arrivare a Roma. E poi il vento: abbassando il finestrino dell'auto dopo ore di autostrada e traffico, entra un vento leggero che sa di mare.


Roma non è sul mare. Per vedere il mare c'è Ostia con le sue pinete e le strade dai nomi nuovi, inconsueti: Via Polinesia, Via Molucche. Ma Roma è sull'acqua e l'acqua è una presenza costante, quasi a significare lo scorrere del tempo: un fluire lento come quello del Tevere e dell'Aniene o creativo, come l'acqua dalle mille fontane di Roma.


C'è un'altra corrente che attraversa la città: è la sua gente. A me piace ascotare quello che dice la gente, mi piace passare accanto alle persone, lentamente, e cercare di carpirne i discorsi. La parola Roma è frequente, quasi una necessaria autoaffermazione di chi la abita. Un'affermazione, a volte un po' gridata, dell'essere romani, ovvero parte della storia fondante d'Italia, che piaccia o no.

E allora è facile imbattersi in modi di dire e in scritte che hanno fatto della romanità una religione laica e divertita, che ha i suoi sacerdoti nelle guardie del corpo che aspettano appoggiate alle Mercedes, nei coatti che sfrecciano in scooter, nei commercianti abbronzati del centro.

Ma il cielo è sereno, e tutto si sopporta meglio, soprattutto il traffico. C'è quest'aria fresca che alleggersice tutto, rende i passi più sereni, spensierati.

L'acqua scorre anche dal cielo: una pioggerellina fitta prende il posto del blu del cielo, e scende sottile ma tenace. Di passo in passo, recito - per quel che ricordo - i versi di D'Annunzio:

piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri

27 settembre 2005

Per le strade di Genova.

C'è qualcosa a Genova che altrove non c'è. No, non è solo il mare, sarebbe troppo facile, basterebbe andare a Rimini.

Si cammina con lentezza, la testa fra le nuvole, lungo i marciapedi del porto antico. E' un crocevia di genti, ciascuno con i propri pensieri. L'aria sa di vento e il vento di mare.


Per le vie, si fa festa tra corpi urbani e corpi danzanti.

Mi sento come quest'illusionista, sospeso a mezz'aria con la voglia di spiccare il volo e la paura di non sentire la terra sotto i piedi. Genova, per me migrante e pellegrino, è anche questo.

Ci si ritrova stretti tra la strada piena di auto in corsa e il mare che pare fermo, come morto, ma nelle sue acque scure è vivo.


C'è un posto, a Genova, con una grande terrazza sul mare: le onde non le puoi sentire perché si affaccia sul porto. Ma si sente il resto: il vociare della gente seduta ai tavoli, il rumore dei cantieri navali, le auto che scorrono sulla sopraelevata.

Nonostante sia una sera di fine settembre, l'aria è ancora tiepida, umida di mare. Si potrebbe camminare per sempre, senza arrivare da nessuna parte.

Poco sopra, da Banchi a Soziglia fino ai Macelli, i caruggi si riempiono di passi e discorsi. La notte di Genova non spaventa più nessuno.

21 settembre 2005

Uno peggio dell'altro.

Già quel ciccione di Ferrara e il suo finto nemico di Beirut andavano avanti con la manfrina del battibecco per chiudere la trasmissione d'amore e d'accordo.

Evidentemente non era ancora abbastanza. Lerner si è fatto crescere una barbetta ispida sulla sua faccia ossuta, e sembra Ferrara dopo 10 liposuzioni. Hanno la stessa barba, dicono le stesse cose.

20 settembre 2005

La città sull'acqua.

Sono tornato da Amsterdam. Tornato da un po', a dire il vero. Si vede che questa città mi ha lasciato senza parola per qualche giorno.

Ho visitato A'dam tre volte. La prima volta avevo 20 anni e un biglietto dell'interrail. Ero così spiantato che per risparmiare dormivo a Utrecht e facevo avanti e indietro in treno, che era compreso nel biglietto interrail, ma dovevo rientrare presto per evitare la stazione nelle ore notturne.

La seconda volta per lavoro come ospite di una conferenza, ma si stava in un albergone in periferia (ospitava i giocatori di Moratti arrivati per Inter-Ajax), si girava in taxi e si usciva con certi manager di certe aziende a parlare di certe cose. Bellissimo, ma molto glamour: voglio dire, cena sul battello, ristoranti chic, camere asettiche. Mi rimane l'impressione che molto della vita di Amsterdam mi sia scivolato via come l'acqua dai canali, lentamente, senza far rumore, senza lasciare traccia.

Questa è stata la volta giusta, quella vera. Ci sono andato per lavoro, ma non il solito viaggio di lavoro, aereo-taxi-albergo. E' stato un po' come essere cittadino di Amsterdam per qualche giorno.

Per prima cosa, non c'era la stanza d'albergo, ma un appartamento in centro, di fronte ad un canale. Un appartamento da famiglia borghese, con un scala ripida per salire al piano superiore, la vetrata del soggiorno a bordo strada e una grande cucina aperta.

Passeggiando per le vie del centro si può curiosare all'interno delle case: salotti con luci soffuse, anziani sprofondatio in poltrone di pelle davanti alla TV, giovani al computer. Le grandi finestre sulla strada raramente sono celate da tende e imposte, e lo sguardo può entrare, osservare, immaginare i vissuti degli altri.

Si direbbe un popolo esibizionista e voyerista, e non a casa il Grande Fratello è stato inventato in Olanda. Invece no: io credo che, prima di tutto, sia gente tollerante, gente che pensa ai fatti propri, motivo per cui non si preoccupa di eventuali sguardi indiscreti.

I cittadini di Amsterdam non usano la macchina, o la usano poco. Girano con la bicicletta: biciclette vecchissime, malconce, arrugginite, addirittura con il freno a retropedale. E noleggiare una bici è un modo eccellente tanto per andare a lavorare quanto per vedere e conoscere la città.

Le piste ciclabili sono ampie, lunghe, presenti in tutte le direttrici principali. Ai semafori ci si concede pause rilassanti, così diverse dalla nevrosi dei semafori rossi quando si è in automobile. Si possono osservare persone comuni che stanno pedalando verso l'ufficio o verso il supermercato. Sulle loro biciclette scassate, hanno tutti un'aria serena, senza complessi. Il mare, anche se non si vede, è vicino e tiene l'aria pulita e fresca e piena di odori. Si arriva alla meta col sorriso e le gambe stanche di una stanchezza sana.

A me la gente in Olanda sembra più matura, più consapevole. Non si vede in giro la fretta di cambiare tutto, di buttare via le cose, di passare al nuovo a tutti i costi. Nelle vie del centro si trovano negozietti di modernariato, bric-a-brac, robivecchi, dove le cose riacquistano valore perché hanno con sé la loro piccola storia.

Ci sono negozi e banchi pieni di profumi, di fiori, di saponi, di forme che non immaginavo e che la mia immaginazione rifiuta, ottenbreta com'è dalla produzione in serie, dagli scaffali delle multinazionali.

Qui si vende il sapone, così com'è, un tanto al chilo, e al massimo lo si fascia in un foglio di carta. Non si vende sapone per assomigliare a qualcuno. Si vendono i fiori perché crescano in un giardino, non perché muoiano in un vaso.

La città ha la stessa calma dell'acqua che scorre nei suoi canali. A bordo di barchini dalla vernice scrostata, famiglie, amici e innamorati avanzano con lentezza sull'acqua, aprono cesti della merenda, ridono, si baciano.