Qualche settimana fa ho collegato la mia ebike al caricabatteria e qualche ora dopo il livello di carica non era cambiato: non stava funzionando. Ho notato che la guaina del cavo del caricabatteria, vicino al connettore, si era ritratta e si potevano intravedere i fili elettrici.
Muovendo il cavo verso l'altro, il caricabatteria riprendeva a funzionare (si sentiva il suono del relè eccitato), segno che c'era un falso contatto in qualche punto vicino al connettore, probabilmente uno dei fili danneggiato.
Il costruttore ha negato l'assistenza essendo scaduta la garanzia, trattandosi di un componente a loro avviso danneggiato dall'uso o dall'usura. Secondo me, invece, si tratta di una fragilità costruttiva perché questo caricabatterie è sempre stato trattato bene, facendo attenzione a non sollecitare i cavi.
Mi sono rivolto ad un laboratorio di riparazione di batterie ebike, ma hanno preferito non intervenire perché ritenevano l'operazione complessa, rischiosa e antieconomica.
Anche un concessionario del marchio di ebike ha confermato che sarebbe stato meglio acquistarne uno nuovo perché vedeva difficile e rischiso ripararlo.
Ovviamente il connettore è proprietario, un pezzo unico termoformato. Un nuovo caricabatteria costa 136 euro. Non pochissimo.
Prima di ordinarne uno, ho deciso di fare un tenativo di riparazione, considerando che non avrei potuto fare molti danni.
Il corpo del connettore è costituito da un corpo di gomma dura che, avrei scoperto dopo, in qualche modo può scorrere e si può sfilare, ma la caratteristica non era così evidente, quindi ho iniziato a tagliarlo lungo la circonferenza.
L'idea, e la speranza, era di trovare subito i cavi saldati alla base dei pin del connettore.
Le cose non sono andate come sperato. Sotto alla copertura di gomma, si trova in sostanza una calotta in plastica termoformata in cui sono letteralmente affogati i 5 fili che portano corrente e segnali ai pin del connettore.
Non c'era altra soluzione che continuare a segare la calotta di plastica sperando di tranciare i 5 fili in una posizione buona sia per avere una lunghezza minima per rifare le saldature che per trovare una zona non danneggiata.
Ecco come si presenta il cablaggio tagliato.
Non banalissimo. I 5 monconi sono proprio brevi ma per fortuna le guaine colorate sono intatte, il che facilita l'identificazione dei cavi e le saldature.
Ho preparato il cavo principale, tagliando i primi centimetri e scoprendo una sezione dei 5 fili nuovi. Una volta spelati, ho inserito piccoli ritagli di guaina termorestringente, ed iniziato le saldature con una stazione saldante di precisione a bassa potenza.
Le saldature non sono belissime, ma sono solide. Ho fatto scorrere le guaine fino a coprire e poi con la punta del saldatore, le ho scaldate per termorestringerle.
Poiché il cavo si è danneggiato presumibilmente per movimenti e flessioni, ho fatto una bella colata di colla a caldo alla base del connettore per sigillare e fermare i 5 fili appena saldati.
Quindi ho richiuso il connettore e l'ho nastrato generosamente.
Una volta collegato il trasformatore alla presa di corrente domestica, il led verde si è acceso lampeggiante, il che è un buon segnale: per lo meno significa che non ho creato un corto circuito.
Ma per sapere se la riparazione funziona, l'unico modo è collegarlo ad una batteria ( o alla bici) ed iniziare il processo di carica.
Ammetto che, vedendo i led di stato lampeggiare, un po' di sorpresa e soddisfazione le ho provate. La batteria ha risposto e ha iniziato a caricare.
Dopo qualche ora, come da specifiche, era quasi carica.
E questa la prima immagine che mi è venuta quando ho capito che sono riuscito a riparare il caricabatterie.
Almeno per ora, posso risparmiare 136 euro.
Ma ovviamente non c'è solo questo. C'è la soddisfazione di essere riuscito dove gli altri non volevano rischiare, ci sono ricordi alle ore trascorse, adolescente, a imparare i rudimenti di elettrotecnica con l'aiuto degli amici dell'ITIS, c'è la mia attitudine al riparare anziché buttare e sostituire, quando è possibile.