C'è una strada che sale fino alle Antenne, un impianto di ripetitori in cima ad un colle ben esposto a sud. Lo risaliamo alla fine di una giornata che ci ha già portato alla Base Nato e al Sentiero H. Abbiamo un po' di metri e acido lattico nelle gambe ma questa salita e questa discesa vanno fatte. Mi fido.
Il sentiero si chiama Salto nel Blu. Scende veloce e sinuoso. Tecnicamente è completo perché ci sono terra, sassi, roccia, sponde.
Ma l'urgenza non è quella di saggiare il fondo. Anzi, non avverto alcuna urgenza.
La luce calda e radente del pomeriggio che sta cedendo il passo alla sera illumina la traccia davanti ai miei occhi estasiati dal contrasto della terra chiara contro il blu scuro del mare e l'azzurro del cielo e il verde dei cespugli di euforbia ed erica.
Finché arriviamo. E' il Salto nel Blu. Una rampa compatta di terra e roccia che, per una frazione di secondo lunga quanto una vita intera, ti fa volare nell'aria tiepida e odorosa abbastanza in alto da non lasciarti vedere nient'altro che il blu del mare, come se non ci fosse più la terra del sentiero.
Fa mancare il fiato per la bellezza.
Atterro dolcemente. Il silenzio è rotto solo da una brezza leggera e dalle pietre che saltano tra i tasselli del Minion DHF.
Vorrei continuare, ma non riesco. Devo frenare. Fermarmi. Appoggiare la bici a terra e guardare.
Di fronte a me, il sentiero descrive una veloce parabola andando a nascondersi dietro alla vegetazione; sembra scomparire nel mare.
Un brivido. Do la colpa alla stanchezza, ma so che è altro.
Sono sopraffatto dalla bellezza aspra e primitiva e completa di questo luogo. Non è altro che una striscia di terra polvere e sassi che ripiega verso sud, ma mi sembra un mondo intero. Un luogo perfetto, che non ha bisogno di altro.
Qui sotto traccia e animazione.
Cervo, ripetitori, sentiero Salto nel blu
Liguria freeride. Scivolare liberi verso il mare, in quattro tempi.
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