Dopo anni (alcuni, non moltissimi) di letture on line (e qualche numero acquistato in edicola) della versione americana, sono davvero contento che anche da noi esista, in forma cartacea, questa rivista che mi ha sempre aiutato a riflettere e ad essere aggiornato.
Gia' la nostra blogosfera, con le dovute eccezioni, e' popolata da spompate blogstar che passano le giornate a citarsi l'un l'altra chiamandosi per nome o a criticare giornali ed emittenti radiotelevisive dai quali pero' ottengono benefici e notorieta'. Lasciamo stare la stampa (vedi l'agghiacciante Sabelli che intervista Daria Bignardi), di partito o meno, e nemmeno prendiamo in considerazione la televisione.
Ecco, vorrei tanto che almeno Wired rimanesse fuori da questi giochetti di bassa bottega. E invece vedo che gia' nel primo numero la presenzialista Bignardi ha il suo bravo posto, e non e' l'unico nome arcinoto nella lista dei contributors.
Ma sono fiducioso. Nel gran mucchio della carta straccia che ingombra gli scaffali delle edicole, Wired mi sembra una novita' felicissima, un'occasione ghiotta per imparare e capire il presente, una possibilita' in piu' per avere un'idea sul futuro delle tecnologie, della rete e delle comunicazioni.
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