25 febbraio 2009

Ancora su "In fuga dalla data-room".

Il mio recente intervento su In fuga dalla data-room, opera prima di Lazare Vittone, ha alimentato un piccolissimo dibattito letterario non privo di interesse.

Tra gli interventi ricevuti (alcuni dei quali giunti in forma privata) mi pare doveroso segnalare per intero quello, brillante e suggestivo, dell'amico Lorenzo che difende gli intenti dell'opera in un commento al mio post.

Caro Pippo e caro Lazare,

leggo solo ora questo sorprendente dibattito pseudo-letterario. Avendo
regalato proprio io il libro a Pippo, mi sento in qualche modo in dovere di
intervenire, scusandomi in limine per errori di punteggiatura o d'altra
sorta....

Il racconto/romanzo (francamente non so quale sia la definizione corretta, ma
poco importa) ha un grande pregio: il coraggio.

Coraggio dell'autore di mettere nero su bianco il proprio sentire, con buona
dose autobiografica, rischiando lo sputtanamento con amici e colleghi.

Per cio' solo, mi pare che il gesto (non tanto l'opera) sia da lodare e forse
un esempio per molti di noi (mi metto in cima alla lista) che tanto vorremmo, ma
non facciamo.

Caro Pippo, ti ricordi quanto era seducente stare davanti al tuo 15 e poi 17
pollici ronzante a comporre pagine di poesie pessime (le mie, almeno) o di
raccontini del sabato sera? Tu hai continuato, e cio' ti fa grande onore. Io no,
mi sono dedicato a scrivere altro genere di libri, e per questo invidio tanto te
quanto Lazare.

Certo, il contenuto e' discutibile, ma non penso che Lazare abbia ambizioni
da premio letterario, almeno non con quest'opera. E' e resta un grande avvocato,
che ha avuto il coraggio di mettersi alla prova in un campo per lui nuovo.
Nessuno di noi e' costretto a leggerlo, nessuno ce lo impone. E poi, la
punteggiatura. Ma dai! Lascia che metta le v,i,r,g,o,l,e un po' dove cavolo gli
pare, no?! Proprio oggi cade la ricorrenza del manifesto futurista....

Ripeto, non trovo che il libro di Lazare sia un capolavoro della letteratura,
ma un gesto di coraggio di un dilettante (in questo, non certo nel suo vero
mestiere), che per testimoniare il rifiuto di un certo tipo di vita arida
milanese (ma forse anche torinese.... e genovese...) ha accettato di esporsi
alle rigidita' altrui.

Caro Pippo, un tempo eri piu' attento alle emozioni (che
-se vuoi- sai cogliere e dare come nesusn altro), e meno alle regole di
grammatica.

Non prendiamoci troppo sul serio.

Un abbraccio plurimo e multiplo.

Lorenzo


Come Lorenzo ben sa, il mio entusiasmo nei confronti dei narratori e dei poeti esordienti nasce da una mai dimenticata attivita' di esplorazione letteraria e pubblicazione in forme alternative, inziata con la adesione al Manifesto dell'Antilibro, un movimento culturale volto a promuovere attivita' post editoriali in aperta rottura con l'industria editoriale e anche con le forme e ii supporti consolidati della produzione libraria (il libro viene definito parallelepipedo cartaceo in un processo di oggettivazione post marxista).

Ed e' con questo entusiasmo ed interesse che ho dedicato tempo ed attenzione al racconto di Lazare che, sottolineo, ha scelto di scrivere, plasmare e pubblicare un libro, nel suo formato (cartaceo) piu' noto. Pagine di carta stampate e rilegate in una copertina completa di autore, titolo ed editore.

Conclusa la dovuta premessa, desidero rispondere alle garbate argomentazioni di Lorenzo.

Uno.

La scelta formale ed estetica -- l'oggetto libro -- agita da Lazare comporta una implicita e fortissima adesione alle regole e convenzioni, nell'ordine, dell'editoria, della letteratura e della narrativa. Piacciano o meno, se si sceglie di scrivere e pubblicare un libro in qualita' di narratore con l'appoggio di un editore, occorre mettere in conto che il lettore si aspetti di ritrovare, pagina dopo pagina, un documento non dissimile dalla produzione editoriale corrente.

Al rigore estetico formale (veste tipografica, scelta dei caratteri ecc.) si somma un necessario rigore sostanziale che si traduce in una cura del testo che prescinde dalle inclinazioni e gli stili dell'autore.

L'accettazione della foma libro implica l'accettazione delle regole sintattiche e grammaticali: per tale motivo, la citazione di Filippo Tommaso Marinetti mi pare fuorviante: il Futurismo ha rappresentato un momento confluttuale nei confronti degli stili e delle forme della letteratura contemporanea (di allora), contrasto che si e' manifestato con l'invenzione di stili del tutto inediti, contenuti provocatori, rifiuto dei classici. Il futurismo non era una manifestazione di maggiore tolleranza rispetto alle regole sintattiche ma un rifiuto netto e vitale di una forma che si riteneva superata.

Nel volume di Lazare non mi sembra di ravvisare l'intenzione e il prodotto di una critica alla letteratura o al sistema editoriale; anzi: la scelta di un canale distributivo tradizionale in luogo della Internet o della stampa artigianale sembra un segnale deciso di accettazione di un sistema di convenzioni. Se vi e' coraggio nel mettersi in gioco comunicando un messaggio mediante un'iniziativa editoriale, vi dev'essere una coraggiosa onesta' nei confronti del mezzo scelto e del pubblico a cui si rivolge il messaggio.

Ma non tema Lorenzo: la mia residua sensibilita' emotiva mi ha comunque permesso di apprezzare alcuni riusciti elementi della prova narrativa di Vittone. I titoli dei capitoli, ad esempio, mi hanno subito colpito: diretti, spregiudicati, ironici.


Due.

Quasi a giustificare le mancanze formali e sostanziali da me rilevate nel libro, piu' volte si menziona la professione di avvocato svolta, sicuramente con talento, passione e grande profitto, da Lazare.

Tuttavia, nell'universo della letteratura mi pare di ricordare alcuni esempi di professionti prestati alla narrativa. E qui mi viene in soccorso la mia (inspiegabile) curiosita' per le biografie. Se non erro:

Primo Levi, chimico e direttore di uno stabilimento di vernici; Carlo Emilio Gadda, ingegnere; Paolo Giordano, fisico; Louis Ferdinand Celine, medico; Harper Lee, impiegata in una compagnia aerea; Italo Svevo, impiegato commerciale. Winston Churchill (premio Nobel per la letteratura), politico e statista inglese.

La lista potrebbe continuare, ma il senso e' ormai chiaro. La loro produzione letteraria e' contraddistinta da capacita' innovative linguistiche e stilistiche unite ad un rigore formale frutto di una costante ed attenta opera di revisione e affinamento, qualita' che non hanno tuttavia tenuto questi autori lontani da uffici, fabbriche e cantieri, luoghi divenuti, anzi, l'oggetto e il teatro di alcune delle loro opere (La chiave a stella di Primo Levi, ad esempio).

Non sono un critico poiche' mi mancano i titoli e la cultura. Sono solo un lettore. E, da lettore, posso solo auspicare ed augurare al caro Lazare che l'immaturo tentativo di oggi sia, domani, un testo completo, suggestivo, coinvolgente, toccante.

Prendiamoci sul serio, se vogliamo fare sul serio. Altrimenti, un blog e' piu' che sufficiente.

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Ringrazio di cuore Lazare e Lorenzo per aver partecipato con pazienza e impegno a questo dibattito.

PS: il presente testo difetta, ahime', di un corretto uso degli accenti. La tastiera del mio laptop non ne e' dotata.

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