Sto camminando lento in questa domenica sera di provincia. E' quasi lunedì.
M non importa.
Si alza un vento inusuale. Qui, di solito, non si muove foglia. Invece stasera è diverso. Le cartacce e i tovaglioli, di fronte alla gelateria, volteggiano in aria, poi cadono sull'asfalto. Poco distante, il vento solleva una polvere grigia, la stessa che copre i vetri delle auto parcheggiate.
L'ultima di luce: piatta, biancastra. Il buio avrebbe pietà di queste strade.
Una donna sola fuma seduta su una panchina. Il vento le posa una pagina di giornale sulla caviglia. Lei la scosta, getta la sigaretta, e se ne va.
D'improvviso, ho così tanti ricordi, proprio io, che dodici anni fa decisi di passare la spugna sul mio passato, e dimenticare tutto per trovarmi senza memoria, come se fossi appena nato.
Domenica era il titolo di un racconto, anzi, di una novella, come diceva l'autore. Quattro pagine così piene di disperazione da sembrare vere: i sogni non si avverano mai. Tutt'al più, non accade nulla, e la domenica si consuma. So, adesso, di aver aggiunto dolore a quella disperazione. Questo me lo ricordo.
Ma cos'è accaduto prima? Che cosa facevo prima di allora, come trascorrevo le domeniche, come arrivavo, ogni volta, ad un nuovo lunedì?
Ricordo certe domeniche d'autunno, passate a guidare la mia Vespa bianca per le strade di Genova, sentendo l'aria umida entrarmi nella giacca.
Ci sono volte in cui non riesco a spiegarmi come i miei passi sono potuti finire qui, sul sagrato di una chiesa fuori Torino ed io, naufrago in una terra senz'acqua, ad osservare famiglie che tornano a casa, auto parcheggiate, vecchi giornali.
Domenica. Guardo spesso l'orologio. Eppure non riesco a memorizzare l'ora. Vedo il datario che dice SUN18, con quel SUN in rosso, come a volermi ricordare che qualcuno, da qualche parte, sta festeggiando questo giorno. Non so che ore sono, ma si sta facendo sempre più buio.
Per strada, di fronte al mio portone, i ragazzi parlano a voce alta; le ragazze chiedono una sigaretta. Un'auto passa veloce, alzando un po' di polvere. Ma il vento è già cessato.
La porta che si chiude, lasciando fuori, nel buio della scala, gli ultimi brandelli di domenica.
Nessun commento:
Posta un commento