Tra gli altri ha parlato J.C. De Martin (Politecnico di Torino) come rappresentante di Creative Commons contento di non essere - come sempre accade - il primo a parlare di Creative Commons durante un convegno. In effetti, le licenze CC sono state il vero highlight della giornata di studi.
Riflettevo sul fatto che in questi dieci anni ho avuto la possibilità di vivere in prima persona e attivamente molte delle fasi della vita digitale dei contenuti. Ho avuto questa serie di pensieri che mi piacerebbe rendere in maniera più organica.
Prima sono stato coinvolto nel progetto dell'Antilibro di Francesco Pirella, in forte contrasto con la logica del copyright, dell'editoria e dei sistemi tradizionali di distribuzione dei contenuti. Io stesso per anni ho stampato - grazie alla relativa libertà della stampa digitale e dell'on demand - libri autoprodotti cercando di recuperare solo i costi vivi, e fa piacere vedere che c'è ancora qualcuno che segue quest'idea. Negli stessi mesi nascevano iniziative simili, come Liberodiscrivere a Genova e Lampi di stampa a Milano.
Tuttavia l'editoria digitale cartacea rimaneva legata mani e piedi ai costi e alla distribuzione. Alcuni autori non comprendevano bene il senso dell'editoria digitale come libertà dalle catene del polverosa e inadeguato tutti i diritti riservati che fa bella mostra su ogni parallelepipedo cartaceo che giace (venduto o invenduto) sulle librerie.
L'avvento e la diffusione di Internet e delle connessioni a banda larga prima e la diffusione del blog poi hanno contributo in primo luogo a liberare la creatività degli utenti (che hanno scoperto la posibilità di rendere note le proprie capacità autoriali) e in secondo luogo hanno reso vieppiù inadeguato il concetto di diritto d'autore (copyright, così come lo si conosce nel diritto tradizionale) applicato a documenti e informazioni digitali.
D'altronde la rete, con la sua architettura peer to peer, si è prestata da subito alla circolazione incontrollata (copyleft) delle informazioni e dei documenti digitali.
Creative Commons ha avuto il merito di riempire lo spazio tra l'appropriazione indebita del frutto del lavoro intellettuale e l'anacronistico tutti i diritti riservati. L'utilizzo di una licenza CC in un blog o in un sito garantisce la trasportablità dell'informazione e tutela il lavoro di chi produce le informazioni: ed è esattamente quello che non si era riuscito a fare, nonostante gli sforzi, con gli Antilibri, che erano difficili da riprodurre e distribuire ma potevano essere trattati senza riguardo e senza che l'autore potesse ricevere tutela in alcun modo.
Tuttavia ritengo che gli Antilibri abbiano svolto un ruolo importante nella diffusione della cultura di un'editoria digitale nuova e libera, efficace ed ecologica, prima che Internet entrasse nelle case e nelle scuole (perché si parla del 1996, non di ieri). Erano anni in cui digitale significava ancora reprografie e xerografie, in cui scrivere un documento (romanzo, pesie, che importa!) significava subire il rifiuto di piccoli e medi editori (che dovevano pur mettere insieme il pranzo con la cena) oppure accettare il ricatto dei sedicenti editori a pagamento - in realtà stampatori e tipografi che in cambio di notevoli somme consegnavano all'autore una cassa di libri (le soffitte ne sono piene).
In questo contesto, l'Antilibro, culturalmente onesto ed ecologico, consentiva di stampare quello che si voleva, quanto serviva, quando si poteva.
Certamente, l'avvento della rete dev'essere considerato a pieno titolo un evento rivoluzionario nella modalità di distribuzione e fruizione dei contenuti. Eppure mi piace pensare che i contenuti abbiano attraversato queste 2 fasi:
- nascita, con la stampa gutemberghiana e l'editoria tradizionale
- morte, con il declino e la crisi dell'editoria (offerta che supera la domanda)
- nascita: con l'avvento dell'editoria digitale e on demand
- morte: quando l'editoria digitale non ha saputo varcare i confini geografici e del copyright
- resurrezione: con l'avvento di Internet, dei blog, del peer to peer e, finalmente, delle licenze CC.
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