La prima sensazione, uscendo dalla sala in cui hanno proiettato Niente da nascondere, è stata una infastidita delusione: mi è sembrato che il premio per la miglior regia a Cannes 2005 lo abbiano un po' estratto a sorte. Eppure leggo in rete pareri quasi entusiasti.
Il film inizia con un lungo piano sequenza, inqudratura fissa, assenza di tema musicale. L'unico suono è il rumore della strada. Le voci fuori campo si trasformano nelle voci dei protagonisti che introducono lo spettatore nel vivo della vicenda. Chi spia la coppia? E' davvero Majid, il mancato fratellastro del protagonista (Daniel Auteuil)?
Ma poi la storia si perde per strada con almeno tre (troppi) spunti accennati e non sviluppati: la fuga del figlio dei protagonisti (Pierrot, perché questo nome?), il mistero delle videocassette registrate di nascosto ma da punti di ripresa troppo facilmente individuabili e, infine, l'ultima sequenza con il dialogo tra Pierrot e il figlio di Majid.
Si esce senza sapere che cosa è successo veramente, chi tormentava la famiglia, per chi è stato versato quel sangue. Va bene il gioco del finale aperto, ma le incertezze sono troppe e mi hanno lasciato un senso di incompiuto. Forse la vera colpa è del cinema hollywoodiano che mi ha abituato a lasciare a casa la fnatasia, presentando prodottini facili e pronti da consumare senza alcun sforzo. E ora non sono meno bravo di un tempo a usare la mia immaginazione. Ma la perplessità, di fronte alla pellicola di Haneke, è e rimane molta.
1 commento:
a me è piaciuto appunto per la tensione che crea sull'incompiuto. Un film che finalmente mi lascia lo spazio di immaginare. Che poi alcuni tratti siano inverosimili, tipo camere fisse in luoghi sospesi nell'indefinito, beh chi se ne frega. Questo film è stato per me come leggere un libro, immaginare di andare oltre e venire smentita, non trovare la risposta...
L'attacco poi è sublime, anche lui ti fa aspettare, anche lui sembra inspiegabile, per poi capire da li a poco che su lui si fonda l'intera storia.
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