29 marzo 2005
Qui a Genova.
Quarto giorno di riposo forzato nella mia vecchia città di mare. La mia cervicale traumatizzata ringrazia il popolo automobilista di Torino e prima cintura.
Non trascorrevo un giorno feriale a Genova più o meno dai tempi in cui lavoravo per la Xerox a Sampierdarena.
Poi, una volta partito per Torino, è stato tutto un vivere di premura e di fatica e solo dal sabato alla domenica, in quell'atmosfera frenetica e sonnolenta del fine settimana.
E' la prima volta che giro nel grande appartamento dei miei genitori senza guardare l'orologio ogni due minuti, col terrore di perdere il treno o di dimenticare qualcosa in bagno.
Semplicemente, ascolto. I rumori di Genova non li ricordavo quasi più. C'è lo sciamare incessante delle Vespe che ronzano coi i loro vecchi motori a 2 tempi. Ci sono i gabbiani la mattina presto. C'è quel rumore che profuma di sale, quello che senti camminando in Corso Italia nelle giornate di mare e di vento. Ancora più intimo: il rumore dei miei genitori che aprono e chiudono porte e sportelli.
Mi manca tutto questo. Quasi, stavo per dimenticare da dove vengo, dove sono cresciuto. Si sta allo stretto, è vero: ma come in un abbraccio.
Una piccola fitta al cuore. Ghe voe tanta pasiensa, direbbe mia nonna.
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3 commenti:
a genova non c'è lavoro. E' la frase che sento più spesso tra i coetanei, i colleghi, i miei studenti. Innegabile.
a genova non c'è futuro. Questo lo dicono i genitori di quelli di cui sopra E imbarazzata, devo incoraggiare gli studenti ad andare via o addirittura i più giovani a studiare fuori.
"Ma tu perchè resti?"
chi ha scelto di restare ogni tanto si dimentica perchè..."allo stretto, è vero: ma come in un abbraccio" Grazie.
chi ha scelto di restare ogni tanto si dimentica perchè..."allo stretto, è vero: ma come in un abbraccio" Grazie.
si resta anche per una birra bevuta sotto casa.
un valore inestimabile. specie quando non lo puoi più fare.
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