Ciao, Gian.
Che dalle barche in secca ti chiamavano Gian Cuniggiu per quel tuo camminare col collo piegato e il sole che ti tramontava alle spalle, quel sole che ti faceva la pelle colore del cuoio e così piena di rughe.
Ma io me lo ricordo quando mi portavi in barca a pescare coi palamiti. Si partiva all'alba e nel gozzo portavi la focaccia e le N80. Avrò avuto diec'anni e me ne stavo buono a prua a guardare l'acqua e la terra che si faceva lontana. Dove il campanile tocca il ponte dell'Aurelia, lì c'erano i tuoi palamiti pieni di saraghi e occhiate.
Tirando il pesce in barca, avevi per me un sorriso.
Poi, verso Capo Pino fermavi il gozzo e scendevi sugli scogli a staccare i ricci, per farci il sugo.
Si tornava alla spiaggia che era ancora presto e c'erano solo i vecchi e forse il bagnino: pieno d'orgoglio, ti camminavo accanto.
1 commento:
attrata dalla genovesità...mio nonno era detto chelin du gambaloffua...carloforte (ca) ma liguri inside...
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