Grange della Rho è un itinerario semplice e divertente che, come ho già scritto su questo blog, consente di fare una escursione divertente praticamente tutto l'anno con almeno due discese diverse. Oltrepassando le grange, si sale nella valle della Rho verso il Pian dei Morti e il Colle omonimo, attraverso una comoda carrareccia con alcuni tratti impegnativi, ma tutta percorrribile in tarda primavera, estate ed autunno.
Oggi la neve era ancora molta, e resa morbida e scivolosa dalle temperature più alte, il che ha ridotto di molto la ciclabilità sopra le Grange, e mi ha costretto più volte a scendere e spingere.
Ho pensato che fosse la giornata giusta per sciogliere un dilemma che mi assilla da un po' di anni. Infatti, la mappa Fraternali della zona (e la TrekMap del Garmin), ad un certo punto della carrareccia sopra le Grange, indica l'inizio di un sentiero in discesa sulla destra orografica, che dovrebbe poi ricongiugersi ad una traccia che parte sempre dalla strada principale a circa 2000 m di altitudine.
Il problema è che in questi anni, non sono mai riuscito a vedere chiaramente questo fantomatico sentiero riportato dalle Fraternali, se non per un attacco malconcio ingombro di rovi.
Una specie di sentiero perduto.
La sezione della mappa sottostante riporta esattamente il punto: la freccia a destra indica la strada principale che prosegue verso il colle, la freccia a sinistra l'inizio del sentiero.
La foto seguente mostra il punto in cui parte il sentiero. Essendo praticamente sparito dal terreno e in assegna di segnavia verticali o su pietre, ho ingrandito lo zoom del Garmin e cercato di scendere seguendo la traccia tratteggiata riportata sulla mappa digitale.
E dopo un tratto di alcuni centinaia di metri, sobbalzando tra il terreno smottato per via della neve e del passaggio di animali (prevalentemente cervidi, dati gli abbondanti escrementi), ho capito perché questo tratto di sentiero non viene più percorso ed è pressoché cancellato: una frana ha fatto crollare la sede del sentiero per molti metri, e peraltro in un punto scosceso ed esposto. Nella foto seguente, la chiazza di neve indica il punto in cui mi aspettavo che il sentiero fosse nuovamente percorribile. Arrivarci non è stato facile, per cui sconsiglio di percorrerlo con la bici al seguito.
Finalmente, superata la frana, riecco il sentiero come confermato dalla traccia sul Garmin.
Ne è valsa la pena. Non essendo più percorribile, questo tratto è diventato la dimora e il rifugio degli animali della zona che, in estate, si possono scorgere percorrendo la carrareccia che si trova qualche decina di metri più in alto.
Sempre seguendo il Garmin, sapevo che questo sentiero perduto, dopo circa 300 metri, avrebbe incrociato il 721 intermedio, un sentiero invece usato in tutte le stagioni. E così è stato.
Da qui è iniziata la discesa verso le Grange, quasi tutta percorribile a parte qualche tratto innevato.
Solita tappa alla fontana delle Grange, e poi la discesa in parte sul sentiero Bonatti.
Le Alpi piemontesi regalano percorsi mozzafiato per gli amanti della mountain bike, e l'anello Salbertrand – Eclause – Rifugio Guido Rey Viberti – Moncellier – Salbertrand non fa eccezione. Un itinerario che combina natura incontaminata, salite impegnative e panorami spettacolari.
Dati tecnici del percorso
📍 Partenza/Arrivo: Salbertrand 📏 Distanza: circa 18 km 📈 Dislivello positivo: 785 m ⏳ Durata media: 3-4 ore 🟢 Difficoltà: Medio-Alta 🛤 Fondo: sterrato, sentieri alpini, neve, tratti tecnici
Il percorso nel dettaglio
Da Salbertrand a Eclause
Partendo da Salbertrand, il percorso inizia su una strada sterrata che si addentra nei boschi dell'Alta Valle di Susa. La salita è costante ma pedalabile, con pendenze moderate che permettono di scaldare le gambe senza affaticarsi troppo.
Verso il Rifugio Viberti: fatica e panorami
Superata Eclause, la traccia diventa più impegnativa: il fondo si fa più sconnesso, con ampi tratti coperti di neve, e le pendenze aumentano, mettendo alla prova la resistenza. L'ultimo chilometro, a causa della neve, è più faticoso e richiede alcuni passaggi a spinta, ma la fatica è stata ripagata dalla vista di due caprioli che correvano nel bosco. Il Rifugio Guido Rey Viberti, a quota 1737 m, rappresenta un'ottima occasione per una pausa , immersi nel silenzio delle montagne innevate. Da qui, la vista sulle vette circostanti ripaga di ogni sforzo. Da qui si percorre la medesima strada dell'andata in quanto il sentiero che corre parallelo sulla destra orografica era coperto da neve alta e quindi non percorribile.
Da Eclause a Moncellier: discesa tecnica e adrenalina
All'altezza di Pra Rion, in prossimità di un basso fabbricato, si imbocca un sentiero che porta al cento di Eclause. E qui si prosegue con una serie di saliscendi prima di affrontare la discesa verso Moncellier. Il sentiero è molto pulito e tutto percorribile ad eccezione di un albero caduto che lo interrompe e costringe a scavalcarlo. Questo tratto è tecnico e richiede attenzione, con sezioni più ripide e fondo a tratti smosso.
Ritorno a Salbertrand
L'ultimo tratto del giro si sviluppa su una mulattiera abbastanza impegnativa e con pendenze importanti; il percorso è pulito, asciutto perché esposto a sud e perfettamente segnalato, e offre una magnifica vista sulla valle prima di rientrare a Salbertrand.
Consigli per affrontare il percorso
✅ Bici consigliata: MTB full o hardtail con buona escursione ✅ Periodo ideale: fatto in pieno inverno, ma meglio primavera, estate e inizio autunno ✅ Attrezzatura indispensabile: casco, guanti, protezioni leggere, kit di riparazione e una buona scorta d’acqua - ci sono però fonti a Eclause e al rifugio Viberti ✅ Preparazione fisica: il dislivello e la lunghezza richiedono una buona resistenza
Conclusione
Questo itinerario è un vero e proprio viaggio tra natura selvaggia e panorami da cartolina. Perfetto per chi cerca una sfida impegnativa ma gratificante, lontano dal caos e immerso nell’aria pura delle montagne. Se ami la MTB, questo giro non può mancare nel tuo repertorio!
Galleria foto
L'arrivo ad Eclause
L'arrivo a Grange della Valle 1769 mslm
L'arrivo a Grange della Valle 1769 mslm
Il ponte per il rifugio Viberti.
Proseguendo si va al rifugio Levi Molinari, raggiungibile solo con ciaspole e sci
Cascata di ghiaccio alla Grange della Valle
Il rifugio Viberti
Da qui si imbocca il sentiero che riporta a Eclause.
Qualche settimana fa ho collegato la mia ebike al caricabatteria e qualche ora dopo il livello di carica non era cambiato: non stava funzionando. Ho notato che la guaina del cavo del caricabatteria, vicino al connettore, si era ritratta e si potevano intravedere i fili elettrici.
Muovendo il cavo verso l'altro, il caricabatteria riprendeva a funzionare (si sentiva il suono del relè eccitato), segno che c'era un falso contatto in qualche punto vicino al connettore, probabilmente uno dei fili danneggiato.
Il costruttore ha negato l'assistenza essendo scaduta la garanzia, trattandosi di un componente a loro avviso danneggiato dall'uso o dall'usura. Secondo me, invece, si tratta di una fragilità costruttiva perché questo caricabatterie è sempre stato trattato bene, facendo attenzione a non sollecitare i cavi.
Mi sono rivolto ad un laboratorio di riparazione di batterie ebike, ma hanno preferito non intervenire perché ritenevano l'operazione complessa, rischiosa e antieconomica.
Anche un concessionario del marchio di ebike ha confermato che sarebbe stato meglio acquistarne uno nuovo perché vedeva difficile e rischiso ripararlo.
Ovviamente il connettore è proprietario, un pezzo unico termoformato. Un nuovo caricabatteria costa 136 euro. Non pochissimo.
Prima di ordinarne uno, ho deciso di fare un tenativo di riparazione, considerando che non avrei potuto fare molti danni.
Il corpo del connettore è costituito da un corpo di gomma dura che, avrei scoperto dopo, in qualche modo può scorrere e si può sfilare, ma la caratteristica non era così evidente, quindi ho iniziato a tagliarlo lungo la circonferenza.
L'idea, e la speranza, era di trovare subito i cavi saldati alla base dei pin del connettore.
Le cose non sono andate come sperato. Sotto alla copertura di gomma, si trova in sostanza una calotta in plastica termoformata in cui sono letteralmente affogati i 5 fili che portano corrente e segnali ai pin del connettore.
Non c'era altra soluzione che continuare a segare la calotta di plastica sperando di tranciare i 5 fili in una posizione buona sia per avere una lunghezza minima per rifare le saldature che per trovare una zona non danneggiata.
Ecco come si presenta il cablaggio tagliato.
Non banalissimo. I 5 monconi sono proprio brevi ma per fortuna le guaine colorate sono intatte, il che facilita l'identificazione dei cavi e le saldature.
Ho preparato il cavo principale, tagliando i primi centimetri e scoprendo una sezione dei 5 fili nuovi. Una volta spelati, ho inserito piccoli ritagli di guaina termorestringente, ed iniziato le saldature con una stazione saldante di precisione a bassa potenza.
Le saldature non sono belissime, ma sono solide. Ho fatto scorrere le guaine fino a coprire e poi con la punta del saldatore, le ho scaldate per termorestringerle.
Poiché il cavo si è danneggiato presumibilmente per movimenti e flessioni, ho fatto una bella colata di colla a caldo alla base del connettore per sigillare e fermare i 5 fili appena saldati.
Quindi ho richiuso il connettore e l'ho nastrato generosamente.
Una volta collegato il trasformatore alla presa di corrente domestica, il led verde si è acceso lampeggiante, il che è un buon segnale: per lo meno significa che non ho creato un corto circuito.
Ma per sapere se la riparazione funziona, l'unico modo è collegarlo ad una batteria ( o alla bici) ed iniziare il processo di carica.
Ammetto che, vedendo i led di stato lampeggiare, un po' di sorpresa e soddisfazione le ho provate. La batteria ha risposto e ha iniziato a caricare.
Dopo qualche ora, come da specifiche, era quasi carica.
E questa la prima immagine che mi è venuta quando ho capito che sono riuscito a riparare il caricabatterie.
Almeno per ora, posso risparmiare 136 euro.
Ma ovviamente non c'è solo questo. C'è la soddisfazione di essere riuscito dove gli altri non volevano rischiare, ci sono ricordi alle ore trascorse, adolescente, a imparare i rudimenti di elettrotecnica con l'aiuto degli amici dell'ITIS, c'è la mia attitudine al riparare anziché buttare e sostituire, quando è possibile.